RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO UE SUL REDDITO MINIMO (REDDITO DI CITTADINANZA)

A seguito dell'accordo dell'8 dicembre 2022, il 19 dicembre 2022 il Consiglio UE ha adottato la RACCOMANDAZIONE relativa a un adeguato Reddito Minimo che garantisca l'inclusione attiva. Ricordiamo che in Italia il reddito minimo ha assunto la denominazione di "Reddito Di Cittadinanza". Qui alcuni estratti/sintesi:

  • Mirare a combattere la povertà e l'esclusione sociale e perseguire livelli elevati di occupazione per garantire una vita dignitosa in TUTTE le fasi della vita.
  • Garantire un accesso effettivo ai servizi abilitanti ed essenziali alle persone che non dispongono di risorse sufficienti e favorire l'integrazione nel mercato del lavoro di chi può lavorare
  • Adottare un approccio INTEGRATO di tre parti strategiche: adeguata integrazione del reddito, mercati del lavoro che favoriscono l'inserimento e accesso a servizi di qualità.
  • Un'occupazione SOSTENIBILE e di QUALITÀ è il modo migliore per uscire dalla povertà e dall'esclusione sociale. Di fondamentale importanza un adeguato sostegno alle persone nelle transizioni nel mercato del lavoro.
  • Solide reti di sicurezza sociale per agevolare la (re)integrazione nel mercato del lavoro di chi può lavorare, attraverso misure di sostegno specifiche, che associno misure attive per il mercato del lavoro, il sostegno alla ricerca di un impiego, l'istruzione e la formazione.
  • Il sostegno al reddito è adeguato quando garantisce una vita dignitosa in tutte le fasi della vita. È evidente che il REDDITO DA LAVORO DOVREBBE ESSERE SUPERIORE all'entità del sostegno.
  • Colmare le lacune nella copertura del reddito minimo adottando criteri d'accesso non discriminatori. L'età, la disponibilità di un indirizzo permanente o il requisito di un soggiorno legale sproporzionatamente lungo non dovrebbero costituire un ostacolo all'accesso al reddito minimo.
  • Un mercato del lavoro che favorisca l'inserimento e che sia accessibile a tutti riduce la dipendenza a lungo termine dal sostegno al reddito, accompagnati da servizi di sostegno quali consulenza, coaching e assistenza nella ricerca di un lavoro e da misure volte a garantire l'equilibrio tra vita professionale e vita privata.
  • Opportunità di miglioramento e ampliamento delle competenze, un sostegno e un orientamento personalizzati che rispondano a esigenze specifiche, la garanzia di posti di lavoro di qualità, la promozione della conservazione del posto di lavoro e le possibilità di fare progressi nell'attività lavorativa possono sostenere la transizione verso l'occupazione a tutte le età.
  • Gli Stati membri garantiscano CONTINUITÀ dell'accesso al reddito minimo ai beneficiari, finché non dispongono di risorse sufficienti secondo i criteri di ammissibilità previsti dalla legge.
  • Si raccomanda agli Stati membri di incoraggiare o agevolare il pieno utilizzo del reddito minimo.
  • Combinare il sostegno al reddito con i redditi da lavoro, una revoca graduale del sostegno al reddito o il mantenimento del sostegno al reddito durante lavori di breve durata, periodi di prova e tirocini.
  • Agevolare l'occupazione attraverso incentivi all'assunzione, sostegno al collocamento e sostegno post-collocamento, tutoraggio, consulenza, promozione della conservazione del posto di lavoro e dei progressi nell'attività lavorativa.
  • Come sostenere i beneficiari della misura? Come stabilire se oltre che all'inclusione sociale si possa/debba puntare all'inclusione lavorativa? Attraverso un SOSTEGNO PERSONALIZZATO che preveda una valutazione multidimensionale, un esame degli ostacoli che si frappongono all'inclusione sociale e all'occupazione, elaborando un piano di inclusione e sostenendo il beneficiario nella sua attuazione.

CEDEFOP: DOVE STA ANDANDO LA FORMAZIONE?

L'elemento centrale della nota del Cedefop sul modo in cui cambia la Formazione Professionale per rispondere all'evoluzione dei bisogni della società e del mercato del lavoro è l'analisi dei collegamenti e delle differenze tra Formazione Iniziale e Formazione Permanente. Qui alcuni estratti / sintesi.

Le tendenze rilevate riguardano:

  • la riduzione del numero di qualifiche della formazione iniziale e l'ampliamento dei profili di riferimento, con la fusione di qualifiche simili in altre più generali e flessibili;
  • la promozione di percorsi formativi incentrati sul discente, personalizzati e flessibili;
  • qualifiche modularizzate, con la possibilità di ottenere qualificazioni parziali cumulabili in qualifiche piene; la possibilità di concordare quote significative dei percorsi con partner territoriali in risposta a bisogni locali;
  • uno spostamento dell'attenzione da parametri predefiniti come la durata in ore a ciò che ci si aspetta che i discenti conoscano e siano in grado di fare alla fine di un processo formativo, i risultati dell'apprendimento;
  • i curricula formativi della Formazione Iniziale non devono contenere solo competenze professionali ma anche conoscenze generali e abilità e competenze trasversali, meno mutevoli delle competenze tecniche, per affrontare sfide più ampie della #società e del #MercatoDelLavoro;
  • incremento della formazione nel luogo di lavoro, in Italia chiaro spostamento della formazione dall'aula all'azienda, fondamentalmente per l'acquisizione di competenze specifiche che non possono essere acquisite in un contesto di tipo scolastico, un mix di ambienti (aula, azienda) previsti dalla Raccomandazione del 2020 del Consiglio UE sulla formazione professionale;
  • la Formazione Iniziale ha la responsabilità di dotare per persone di una solida base di competenze generali e professionali per il futuro, la sua risposta a bisogni emergenti richiede tempo, mentre le competenze trasversali devono essere sviluppate attraverso la pratica e l’esperienza, ed è uno dei motivi per i quali è sempre più necessaria un'interazione tra formazione iniziale e #FormazionePermanente;
  • il numero di centri di Formazione Iniziale è in calo mentre aumenta la loro autonomia; la Formazione Iniziale è diventata più flessibile in termini di durata, contenuti, età dei destinatari;
  • la Formazione Permanente si è espansa con l'accelerazione della trasformazione tecnologica e dei cambiamenti strutturali del mercato del lavoro e viene ora offerta a tutti i livelli, dalla formazione di base all'istruzione superiore ed è resa in molte modalità, compresa una varietà di corsi online, anche in autoapprendimento;
  • con l'eccezione di Italia, Cipro e Ungheria, la Formazione Iniziale accoglie in UE quote significative di adulti a un livello secondario superiore e post-secondario, grazie alla maggiore flessibilità dei percorsi;
  • la Formazione Permanente è uno strumento necessario per ri(qualificare) la forza lavoro in base ai bisogni del mercato del lavoro, per aiutare le persone a reinserirsi nel mercato del lavoro, cambiare lavoro, o progredire nella propria carriera;
  • l'offerta di Formazione Permanente spazia da livelli di competenze basilari ad avanzati e non si adatta a tradizionali schemi istituzionali o a strutture gerarchiche, articolandosi in formazione formale che porta a una qualifica piena (a qualunque livello) e offerta non formale e informale di competenze professionali e di altra natura (a qualunque livello) che non portano a una qualifica formale;
  • i soggetti che offrono Formazione Iniziale giocano un ruolo fondamentale nell'offerta di Formazione Permanente per una qualifica formale; la validazione di apprendimenti pregressi può abbreviare il percorso verso una qualifica;
  • in alcuni casi i corsi di Formazione Permanente corrispondono a unità e moduli che possono essere collegati e portare a una qualifica piena;
  • alla modularizzazione dei programmi formativi corrisponde una progressiva formalizzazione della Formazione Permanente, che può avvenire attraverso il riconoscimento ufficiale di qualifiche parziali, programmi inclusi dei quadri nazionali delle qualifiche o l'integrazione di Formazione Permanente pubblica e privata;
  • le microcredenziali e i badge digitali possono influenzare la futura integrazione di Formazione Iniziale e Permanente;
  • Formazione Iniziale e Permanente giocheranno ruoli diversi nello sviluppo di competenze generali, professionali e trasversali,
  • con la Formazione Iniziale che dovrà concentrarsi su conoscenze generali, competenze professionali di base e alcune competenze trasversali, la Formazione Permanente dovrà occuparsi dell'aggiornamento e dell’ampliamento di specifiche competenze professionali;
  • sembra chiaro che non tutte le abilità e le competenze trasversali possono essere acquisite completamente nella formazione iniziale, devono essere sviluppate nel corso degli anni sul lavoro e nella vita;
  • è necessario consentire a chi eroga Formazione di adattare l'offerta formativa alle specifiche caratteristiche dei discenti, con il sostegno di un sistema ben integrato di orientamento e validazione.

A proposito di ambienti di formazione ibridi strutture formative/aziende, interessante il piano olandese di trasformazione dei centri di formazione in centri regionali di formazione professionale e innovazione.

Nota Cedefop

 

RESTINO POVERI

A volte si ha l’impressione che la maggioranza degli opinionisti, giornalisti, politici, esperti e sedicenti esperti su argomenti complessi e multidimensionali come il mercato del lavoro e la protezione sociale siano convinti che loro qui in Italia abbiano capito tutto e la sappiano lunghissima mentre gli organismi UE, ONU, OCSE e gli altri Paesi siano governati da manipoli di fessi ignoranti.

Già, perché se non fosse così almeno qualcuno di loro il dubbio se lo porrebbe ed eserciterebbe la curiosità di andare a vedere cosa dicono, fanno, suggeriscono gli altri, che magari hanno studiato più di coloro che ammanniscono ricette “solidissime” basate su assiomi che finiscono per essere largamente condivisi per inerzia, ma che a seguito di un serio confronto risulterebbero di scarso fondamento.

Uno di questi assiomi riguarda gli esclusi dal mercato del lavoro, che finiscono in povertà, magari con problemi “multidimensionali”: “bisogna tenere separate le politiche di contrasto alla povertà dalle politiche attive del lavoro”, con il corollario che molti poveri (un terzo?) “non può” lavorare. In un paese in cui molti credono che da malattie irreversibili e terminali si possa improvvisamente guarire, che una persona in coma irreversibile possa improvvisamente svegliarsi, si è in grado di sentenziare la fine lavorativa di un cittadino, “a prescindere”. Come assioma è da preferire l’opposto, dell’allora ministro francese del lavoro, Muriel Pénicaud: “Nessuno è inoccupabile!

Inoltre, molti dei sostenitori della separazione delle politiche di inclusione lavorativa da quelle di garanzia di un minimo vitale sono gli stessi che hanno approvato negli scorsi anni le norme prima sul Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) prima e sul Reddito di Inclusione (ReI) poi, misure articolate che prevedevano entrambe l’integrazione e non la separazione delle due linee di intervento.

Sembra il caso di “spizzicare” tra i documenti della UE per farsi un’idea di quali siano gli orientamenti comunitari in merito.

Iniziamo la nostra breve e parziale visita guidata agli orientamenti UE dalla Proposta di raccomandazione sul reddito minimo della Commissione Europea, sulla quale la Commissione ha raccolto contributi dal 2 marzo al 1° aprile 2022 e la cui adozione è prevista per il terzo trimestre 2022. Il sommario dell’iniziativa sulla pagina istituzionale (https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/13294-Raccomandazione-sul-reddito-minimo_it ) è questo:

L'iniziativa punta a sostenere le politiche promosse dagli Stati membri per combattere la povertà e prevenire l'esclusione sociale.

Si richiama al principio 14 del pilastro europeo dei diritti sociali, secondo cui chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa e l'accesso a beni e servizi essenziali.

Per chi può lavorare, il reddito minimo andrebbe combinato con incentivi al (re)inserimento nel mercato del lavoro.

È evidente che l’esplorazione potrebbe anche finire qui, con buona pace degli italici surfisti che cavalcano le onde di questioni epocali senza approfondire. Ma faremo ancora qualche passo, a partire dal Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, di cui è stato citato il principio 14, adottato dalla UE a fine 2017 e praticamente ignorato in Italia.

“Il pilastro europeo dei diritti sociali esprime principi e diritti fondamentali per assicurare l’equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale nell’Europa del 21º secolo. Ribadisce alcuni dei diritti già presenti nell’acquis [L'acquis dell'UE corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l’insieme dei paesi dell'UE quali membri dell'UE] dell’Unione. Aggiunge nuovi principi per affrontare le sfide derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici. Affinché i principi e i diritti siano giuridicamente vincolanti, è prima necessario adottare misure specifiche o atti normativi al livello appropriato.”

Dal momento della sua adozione, quindi, il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali è il riferimento per le politiche UE e degli stati membri in materia di mercato del lavoro e di protezione sociale. All’inizio del 2021 la Commissione ha adottato un Piano d’Azione per l’attuazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, che trasforma i 20 principi in azioni concrete a vantaggio dei cittadini e definisce una serie di obiettivi che l'UE è chiamata a raggiungere entro il 2030.

Quindi è evidente che non si tratta di iniziative meramente formali, e anche il principio 14 avrà una prospettiva di completa attuazione, come testimonia la proposta di raccomandazione di cui sopra e che sta per essere adottata.

Si potrebbe pensare che l’idea di combinare inserimento lavorativo (o, più in generale, politiche attive del lavoro) e protezione sociale per nuclei familiari in condizioni di povertà sia un’idea recente e faranno in tempo ad abbandonarla.

Il 21 ottobre 2010 il Consiglio UE adottò una decisione “sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione”, nell’ambito della quale si legge:

I sistemi di protezione sociale, ivi compresi quelli pensionistici e l’accesso alla sanità pubblica, dovrebbero essere modernizzati e resi capaci di fornire un sostegno del reddito e servizi adeguati, creando in tal modo coesione sociale, e rimanere nel contempo finanziariamente sostenibili ed incoraggiare la partecipazione alla società e al mercato del lavoro”.

Il Parlamento Europeo il giorno prima, 20 ottobre 2010, aveva approvato una risoluzione “sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa”. Alcuni dei punti che costituiscono la risoluzione:

sottolinea la necessità di misure concrete che sradichino la povertà e l'esclusione sociale, esplorando strategie di ritorno all'occupazione, favorendo un'equa ridistribuzione del reddito e della ricchezza, garantendo regimi di reddito minimo e, dunque, dando un senso e un contenuto autentici all'Anno europeo della lotta alla povertà e assicurando altresì un potente retaggio politico alla realizzazione degli obiettivi del millennio per lo sviluppo, compresa la garanzia di sistemi di reddito minimo atti a prevenire la povertà e a favorire l'inclusione sociale sulla base delle varie prassi nazionali, delle convenzioni collettive o della legislazione nazionale in tutta l'Unione europea, nonché lavorando attivamente alla promozione di regimi adeguati di reddito e di protezione sociale; invita gli Stati membri a rivedere le loro politiche intese a garantire un reddito adeguato, consapevole che la lotta alla povertà presuppone la creazione di posti di lavoro dignitosi e durevoli per le categorie sociali svantaggiate sul mercato del lavoro; ritiene che tutti i lavoratori abbiano diritto ad un'esistenza dignitosa; considera che una politica sociale nazionale presupponga altresì una politica attiva in materia di mercato del lavoro;

sottolinea l'esigenza di valorizzare i programmi di apprendimento permanente quali strumenti di base con cui combattere la povertà e l'esclusione sociale attraverso l'incremento dell'occupabilità e l'accesso alle conoscenze e al mercato del lavoro; ritiene necessario incentivare una maggiore partecipazione all'apprendimento permanente da parte dei lavoratori, dei disoccupati e di tutti i gruppi sociali vulnerabili e intraprendere azioni efficaci per contrastare i fattori che portano all'abbandono scolastico, nonché migliorare il livello delle qualifiche professionali e l'acquisizione di nuove competenze, al fine di favorire una più rapida reintegrazione nel mercato del lavoro, aumentare la produttività e aiutare le persone a trovare un lavoro migliore;

ritiene che i regimi di reddito minimo debbano essere integrati in un approccio strategico orientato all'integrazione sociale, che preveda sia misure generali sia politiche mirate relative ad alloggi, assistenza sanitaria, istruzione e formazione e servizi sociali, al fine di aiutare le persone a uscire dalla povertà e ad adoperarsi per l'inclusione sociale e l'accesso al mercato del lavoro; ritiene che il reale obiettivo dei regimi di reddito minimo non sia semplicemente assistere, ma soprattutto sostenere i beneficiari a passare da situazioni di esclusione sociale a una vita attiva;

ribadisce che, benché importanti, i regimi di reddito minimo debbano essere accompagnati da una strategia coordinata a livello nazionale e di Unione europea, incentrata su azioni di ampia portata, oltre che da misure specifiche, tra cui politiche attive per il mercato del lavoro rivolte ai gruppi più distanti da tale mercato, istruzione e formazione per le persone meno qualificate, retribuzioni minime, politiche di edilizia popolare e fornitura di servizi pubblici accessibili, di qualità e a prezzi accessibili;

La risoluzione fa riferimento alla Raccomandazione del Consiglio UE del 24 giugno 1992 (92 / 441 / CEE) “in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale

Alcuni passaggi di questa trentennale Raccomandazione, cosa raccomanda il Consiglio UE agli Stati Membri (sottolineiamo che l’ambito di azione della Raccomandazione è la protezione sociale):

“I sistemi di protezione sociale devono fare in modo di adattarsi all'evoluzione dei comportamenti e delle strutture familiari, qualora questa comporti l'emergere di nuove necessità di protezione sociale connesse in particolare con le trasformazioni del mercato del lavoro e con l'evoluzione demografica.

“Conformemente alle disposizioni della raccomandazione del 24 giugno 1992, fatta salva la loro disponibilità attiva al lavoro, garantire risorse minime, alle persone senza lavoro legalmente residenti nel territorio dello Stato membro.”

Mettere in funzione, a favore dei disoccupati e in particolare dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro e dei disoccupati di lunga durata, meccanismi di lotta contro l'esclusione miranti a migliorarne l'inserimento nel mercato del lavoro, fatta salva la loro disponibilità al lavoro o alla formazione professionale al fine di ottenere un lavoro.”

E ancora, la Raccomandazione del 24 giugno 1992 fa riferimento alla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dal Consiglio europeo di Strasburgo il 9 dicembre 1989, che “sancisce i principi fondamentali su cui poggia il nostro modello europeo di diritto del lavoro”.

Il principio 6:

6. Ogni persona deve poter beneficiare gratuitamente dei servizi pubblici di collocamento.

Il principio 10:

Secondo le modalità specifiche di ciascun paese:

  1. Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal suo regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.

Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.

Allarghiamo lo sguardo all’ambito mondiale. Nel 2009, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, International Labour Organization, agenzia dell’ONU ultracentenaria e massima autorità mondiale in materia di lavoro) e l'Unione Europea hanno lanciato un progetto intitolato “Migliorare la protezione sociale e promuovere l'occupazione” (“Improving social protection and promoting employment”) come reazione alla crisi economica internazionale.

Sia l'ILO che l'Unione Europea hanno ideato il progetto in linea con i loro impegni, come enunciato nel Consenso europeo sullo sviluppo e l'impegno della bbUE per un lavoro dignitoso per tutti, nonché nella Dichiarazione dell'ILO sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa (2008). L'ipotesi era che un quadro coerente per le politiche occupazionali e di protezione sociale avrebbe avuto un impatto maggiore rispetto a politiche isolate. La spinta principale del disegno progettuale è stata il riconoscimento che i problemi occupazionali e di protezione sociale non possono essere risolti attraverso interventi frammentati e isolati; che è necessaria un'azione sostenuta e concertata in un'ampia gamma di settori politici e che coinvolga un gran numero di organizzazioni interessate.

Attuato il progetto in alcuni paesi pilota, ne hanno fornito un rapporto in “Coordinating social protection and employment policies”, “Coordinare le politiche di protezione sociale e per l’occupazione”, dalla cui prefazione è tratta l’ultima citazione.

Dovrebbe essere chiarissimo (si potrebbe anche aggiungere una rassegna di quello che succede in altri paesi, ma ci asteniamo) che LE POLITCHE DI PROTEZIONE SOCIALE, COMPRESO IL REDDITO MINIMO, DEVONO (NON “POSSONO”) ESSERE COMBINATE. Ma certo, noi possiamo andare contro le politiche UE, ONU, le indicazioni di agenzie sovranazionali e centri studi, perché no? E magari uscire da tutti questi organismi e pure dall’euro, una volta che siamo orientati verso le uscite. Diciamo che non sarebbe una strategia particolarmente intelligente.

Ma d’altra parte, da un paese che da quando esiste l’European Skills Index del Cedefop (agenzia UE per la formazione e l’orientamento) colloca al 31° posto su 31 stati ci si può aspettare qualunque comportamento autolesionistico, consapevole o meno che sia.

L’European Skills Index è un indice composito di misurazione delle prestazioni dei sistemi delle

Composizione dell'European Skills Index
Composizione dell'European Skills Index

competenze articolato sulle tre fasi: sviluppo, attivazione, incrocio (delle competenze). Quindi misura anche l’efficacia dei servizi per il lavoro.

Sorge quindi il sospetto che le stravaganze diffuse assiomaticamente e senza fondamento su reddito minimo (reddito di cittadinanza) e politiche attive del lavoro / servizi per il lavoro, derivino da una sostanziale ignoranza di quello che sono, di quello che non sono e che dovrebbero essere gli italici servizi per il lavoro, pubblici o privati che siano. Qui dà un eccellente contributo alla comprensione della questione Riccardo Maggiolo: “Il fallimento dei navigator è la sconfitta di tutti noi”, https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/07/30/news/il_fallimento_dei_navigator_e_la_sconfitta_di_tutti_noi-9965131/ .

Sorge altresì il sospetto che la “cura” dei poveri sia talmente oggetto dell’azione di alcune filiere, che ci si tenga così tanto ai propri poveri... che si può mica rischiare che con un’azione prolungata, multidimensionale e faticosa (vedi Riccardo Maggiolo) dalla povertà possano uscire. No, meglio semplificare e sentenziarne la morte civile ed economica, e garantirsene così una certa quota. Ci sono arrivati alla povertà? Bene, e ora poveri lo restino.

Cosa resta ai poveri
Filiere

https://ventomatteo.files.wordpress.com/2015/02/trickle-down.gif

IMPLEMENTAZIONE DEL PILASTRO EUROPEO DEI DIRITTI SOCIALI

IMPLEMENTAZIONE DEL PILASTRO EUROPEO DEI DIRITTI SOCIALI

A seguito di gentile invito, Itinerari per il Lavoro ha inviato il proprio breve contributo ad una consultazione pubblica della Commissione Europea riguardante l'implementazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali.

Nel nostro contributo si fa riferimento all'eccellente e ampio contributo di Social Platform alla stessa consultazione: Social Platform - BUILDING A SOCIAL EUROPE FOR ALL WITH ALL

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ITINERARI PER IL LAVORO - IMPLEMENTATION OF EUROPEAN PILLAR OF SOCIAL RIGHTS

Itinerari per il Lavoro agrees with Social Platform’s proposals, taking consideration, more specifically, of key messages 1, 4, 5, 7, 9 of their contribution "BUILDING A SOCIALEUROPE FOR ALL WITH ALL".

We are observing increasing social hostility towards the most vulnerable groups, towards the last, especially from the “second to last”, and evident lack of interest in social cohesion. The very existence of the Pillar is ignored by a large part of public opinion. That is why European citizens awareness that the Pillar principles are fair and just needs to be raised, as well as the sharing level of values underlying the Pillar. It is therefore not enough to act at institution and programming level: talking about Pillar in the Member States is a must, talking about fairness, social rights, social justice is a must, promoting dialogue on issues through all the media that can be activated is a must.

Beyond what the Social Platform has already pointed out with regard to EU programmes, it would be appropriate to call for explicit points of contact with Pillar principles to be highlighted in the programming of the ESIFs at national and regional level, and for these to be talked over publicly, outreaching as many citizens as possible.

Member States should be required to pay the same attention and to adopt the same communication strategy as with regard to social and economic reforms linked to the National Recovery and Resilience Plans and to the just transition to a green, digital, inclusive and of decent work economy, because social cohesion and the sharing of fundamental values is a critical issue in the future of the European Union.

Finally, Itinerari per il Lavoro is committed to upholding the principles of the Pillar, as it has done since its approval and also previously, in its action of proposal and dialogue with policy-makers, institutions, social and economic players, with specific reference to labour market.

European Pillar of Social Rights
European Pillar of Social Rights

LA POLITICA DI PASQUALE

Dalla fine di febbraio l’Italia, e progressivamente il mondo, vive tempi drammatici. Voci autorevoli, competenti organizzazioni internazionali prevedono facilmente una grandissima crisi economica con gravi risvolti sociali. Al momento sembra che resterà disoccupato a livello mondiale almeno l’equivalente di circa 200 milioni di lavoratori a tempo pieno.

Quindi sembra che la categoria degli “ultimi” avrà un notevole numero di nuovi ingressi.

E cosa succederà a coloro che erano magari temporaneamente “ultimi”, o quantomeno privi di reddito, al momento della catastrofe? Scivoleranno ancora più giù, in una nuova categoria, diciamo degli “ultraultimi”?

Si soccorre, giustamente, chi ha avuto un reddito fino a due mesi fa. Gli va garantita la continuità almeno del livello di sussistenza. Sì, è giusto.

Poi ci sono quegli altri, quelli che non si sa come campavano ma campavano: lavori in nero, lavoretti, altre attività non dichiarabili. In emergenza vanno sostenuti senza chiedersi come campavano. Certo. Magari hanno pure una seconda casa, ereditata, e non hanno potuto accedere al reddito di cittadinanza. Ok, abbuoniamogli la seconda casetta ereditata dal nonno, è equo.

Poi ci sono quelli che la casa ce l’avevano, una, che si sono pagati col mutuo. Qualcuno non ha nemmeno finito di pagarla. E se la sono dovuta vendere, per campare, o l’hanno persa. O quelli che sono stati licenziati e hanno campato del TFR che hanno, magari, solo parzialmente percepito. Magari ne hanno ancora un po’ in banca, ma finirà e non gli resterà più proprio niente. Non è detto che chi ha lavorato fino a 2 mesi fa sia in queste condizioni tragiche.

Tra quelli che si barcamenano da anni tra incarichi brevi, lavoretti e stratagemmi vari ci sono migliaia di operatori della formazione professionale siciliana e derivati sportelli multifunzionali (servizi di orientamento privati finanziati dalla Regione Siciliana, che dal 2000 al 2013 hanno costituito i servizi regionali per le politiche attive del lavoro). Tutti avevano un contratto di lavoro a tempo indeterminato molto spesso ultratrentennale e tutele legali. Tutto svanito in breve tempo.

Certo, ora bisogna affrontare la coesistenza con l’emergenza sanitaria, che non finirà presto, ammortizzare la crisi simmetrica della domanda e dell’offerta, la crisi di liquidità, il rischio di chiusura definitiva di molte aziende, lo spettro di un livello di disoccupazione devastante.

Quindi le questioni rimaste irrisolte (possiamo anche dire mai affrontate seriamente) rischiano di scivolare nel retropalco, lontano dalle luci del primo piano. Ma questo non vuol dire che i problemi non persistano, aggravati, incancreniti dagli anni passati, sospesi da provvedimenti eternamente imminenti ma mai arrivati. Sono arrivati i complimenti, il sincero apprezzamento per proposte e iniziative di gruppi di questi lavoratori, che però necessitavano di sostegno reale, anche solo normativo, per realizzarsi. Sostegno concreto, finora, mai arrivato. In 7 anni.

7 anni in cui i binari su cui si sono messi o sono stati indotti a mettersi i lavoratori sono stati resi binari morti, o lo erano già in partenza. Come l’illusorio reimpiego in un sistema che non avrebbe mai potuto riassorbire che quote irrisorie del personale, peggiorando ulteriormente le condizioni e le prospettive col confinamento dei lavoratori in un limbo nebuloso alimentato da una intenzionale ammuina. Come le iniziative di autoimpiego nell’ambito dei servizi per il lavoro, lasciate agonizzare senza muovere un dito ma circondate di belle parole.

L’atteggiamento pluriennale della politica dei vari schieramenti ricorda la scenetta di Totò e Mario Castellani a Studio Uno nel 1966. I lavoratori aspettano ancora di trovare qualcuno che si assuma la responsabilità di una soluzione. Introvabile. Già, perché essendo le colpe di quel Pasquale lì, che è certamente sempre un altro, la risposta nei fatti è sempre stata: “che mi frega a me, che so’ Pasquale io?

I lavoratori però di “Pasquale” ne hanno ben presenti un elenco.

Nessuno si senta offeso.

Nessuno si senta escluso.

LA POLITICA DI PASQUALE

https://www.raiplay.it/video/2017/03/Il-ritorno-a-Studio-Uno-26ddcdbe-a07f-457b-a9f2-5b381fd04e3a.html

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