
PAPOCCHI, AMMUINE E CASSATE: LA CRISI (SOCIALE) DELLA FORMAZIONE E DEI SERVIZI PER IL LAVORO IN SICILIA
Il 9 agosto 2018 il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, invia una lettera al ministro Luigi Di Maio. Oggetto: “Formazione e sportellisti”. [ http://www.regioni.it/dalleregioni/2018/08/09/sicilia-regione-formazione-e-sportellisti-musumeci-scrive-a-di-maio-574042/ ]
Chi sono gli “sportellisti”? Perché il presidente della Regione Siciliana scrive al ministro? Che c’entra la Formazione? Gli “sportellisti” sono operatori che hanno lavorato in strutture private che offrivano servizi di orientamento, successivamente accreditate ai sensi del DM 166/2001 e finanziate dalla Regione Siciliana denominate “Sportelli Multifunzionali”. L’idea nacque sul finire degli anni ’90: ridurre il personale e la spesa per la formazione professionale trasferendo gli operatori in strutture orientative. Gli sportelli multifunzionali entrarono in funzione tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001. Dovevano diventare le sedi periferiche dell’Agenzia Regionale per l’Impiego e occuparsi di politiche attive del lavoro integrando l’azione dei centri per l’impiego, uffici periferici del Dipartimento Regionale del Lavoro.
Il presidente Musumeci scrive al ministro Di Maio: «Al di là di ogni possibile valutazione sulle origini e sulle cause che, in un lungo arco temporale, hanno generato, nel settore, il sovradimensionamento degli addetti - scrive ancora il presidente Musumeci - si consolida oggi una vera e propria emergenza sociale i cui impatti umani ed economici non sono ulteriormente tollerabili.» Vero: c’è un grande problema e va risolto, indipendentemente dalle cause che l’hanno generato. Però è il caso di capire cosa è successo e quando.
Nel 2003 il capitolo del bilancio della Regione Siciliana era lo stesso per formazione professionale e sportelli multifunzionali e la spesa ammontava a 116 milioni di euro. Nel 2010 la spesa complessiva ammontava a circa 347 milioni di euro: triplicata. La sola formazione professionale costava 278 milioni di euro. Ma non si sarebbe dovuta ridurre di volume, a seguito della fuoriuscita del personale verso quelle strutture orientative denominate sportelli multifunzionali? E invece… carta vince, carta perde… dopo lo scorporo della spesa per gli sportelli multifunzionali, nel 2005 la formazione professionale costava 119 milioni di euro e gli sportelli multifunzionali circa 48,5 milioni. C’era già stato un aumento della spesa nel 2004 di circa il 33%. Un altro salto da Guinness si è registrato nel 2006, l’anno successivo allo scorporo: la formazione professionale passò da un finanziamento di 119 milioni a 208,5 milioni. Nel frattempo lo stanziamento per gli sportelli multifunzionali passò dai 48,5 milioni del 2005 agli 84,5 milioni del 2010. Guarda caso, a fine 2010 gli sportelli multifunzionali escono dal bilancio regionale per essere finanziati con fondi europei, seguiti dalla formazione professionale: fondi europei che non finanziano stipendi, notoriamente, ma azioni, progetti. Qui si realizza il papocchio: cioè in 7 anni si è consapevolmente ingigantito un sistema già considerato ipertrofico, lanciandolo verso il crollo, puntualmente avvenuto, con le conseguenze occupazionali che oggi si cerca di sanare. Ma, come dice il presidente Musumeci, poco importa: il problema va risolto. Se però qualcuno avesse la curiosità di andare a vedere chi governava la Regione e il sistema…
Un altro elemento critico dell’analisi del presidente Musumeci riguarda le prospettive per il personale, rebus sic stantibus, considerato, come sopra riportato, comunque “sovradimensionato”, cioè eccessivo per il comparto: «questo governo regionale, nell'arco di sette mesi, ha ripristinato le attività formative, cosicché è oggi possibile prevedere il parziale riassorbimento occupazionale dei lavoratori da tempo fuoriusciti dal bacino» […] «A questo punto, con l'intento di definire condivise linee di azione, ritengo utile e necessario richiedere un confronto con la S.V. e con il ministero che Ella dirige al fine di individuare sostenibili obiettivi e programmare adeguati interventi, volti ad arginare e risolvere la descritta situazione di crisi»
Ma qual è a situazione reale del personale del comparto, al netto delle mistificazioni diffuse da più parti? Nelle tabelle che seguono riportiamo un’analisi dell’albo regionale degli operatori della formazione pubblicato lo scorso 23 luglio.
|
Tra le cassate che riguardano l’argomento c’è quella arricchita e iperglassata riguardante il numero degli iscritti. Si legge da qualche parte che sarebbero 9.500. E invece no: sono 8.321. L’altra cassata confezionata ad arte sul tema è quella sul blocco delle assunzioni al 31 dicembre 2008. Il blocco non poteva esserci perché i soggetti che assumevano erano privati, e quindi liberi di assumere. Le assunzioni avrebbero potuto essere limitate con disposizioni indirette. Si è provato a bloccare l’iscrizione all’albo, con la deliberazione della giunta regionale n. 350 del 2010, impedendo l’iscrizione agli assunti successivamente al fatidico 31 dicembre 2008. Ma il TAR sentenzia regolarmente, su ricorso degli interessati, che non si può bloccare con una delibera della giunta regionale un albo istituito con una legge regionale (la LR 24 del 1976): è necessaria una norma di pari rango. E quindi i ricorrenti assunti dopo la suddetta data vengono regolarmente inseriti nell’albo.
Come ha agito la Regione Siciliana dal 2010 per ammortizzare l’implosione del sistema? Come ben si addice a questa parte importante del borbonico Regno delle Due Sicilia, facendo ammuina. Ovvero, con l’adozione del più siculo dei paradigmi, quello dell’“annacamento”: il massimo del movimento col minimo dello spostamento. E qui la più tradizionale delle Opere dei Pupi impallidirebbe per caratterizzazione delle parti, prevedibilità della pantomima, ovvietà del finale. Cioè? Cioè il nulla. Nessuna legge di riforma del comparto, nessun piano concreto per il personale; chiacchiere sterminate; rassicurazioni paternalistiche di politici di maggioranza, assessori, dirigenti generali, e sostegno alle proteste da parte di politici di opposizione; promesse di leggi, percorsi e risorse destinate. Piattaforme rivendicative di sindacati “istituzionali” e gruppi informali autocostituiti, singolari modi di alzare le pretese man mano che le “trattative” (termine obiettivamente esagerato) procedevano senza risultati. E poi guerre tra poveri e intimidazioni reciproche, corti dei miracoli e varia umanità alla ribalta. E poi la chiusura progressiva di molti enti di formazione, compresi i più grandi e tradizionali, presenti nel resto d’Italia, attività formativa quasi inesistente da anni, assenza di reali servizi per le politiche attive dal 2013. In una parola: il risultato di questi ultimi 8 anni è stata la desertificazione. A tutti gli attori in campo vanno i nostri più sinceri e sentiti complimenti, ma in particolare le congratulazioni vanno ai seguaci di Quinto Fabio Massimo detto Cunctator (il temporeggiatore), che probabilmente hanno conseguito i loro fini.
La madre di tutte le cassate è l’intenzione di alcune parti di far corrispondere le sorti del personale con quelle del comparto: il comparto deve tornare retrotopicamente allo stato degli anni del papocchio perché ciascuno possa “riprendere il proprio lavoro”. Ma al momento il comparto è finanziato con fondi europei, che hanno regole diverse da quelle autarchiche che si era potuta dare la Regione Siciliana, e i fondi disponibili sono notevolmente inferiori a quelli del primo decennio di questo secolo.
L’attuale assessore della formazione e dell’istruzione Prof. Roberto Lagalla, insieme ai suoi qualificati collaboratori, ha analizzato le risorse disponibili, il quadro normativo, le criticità che hanno impedito l’attività formativa negli scorsi anni e ha valutato quale sistema potesse essere costruito a partire da questi presupposti, facendo tesoro delle lezioni apprese dalle esperienze di altri territori (un must della programmazione europea, tra l’altro). È quindi stato delineato e realizzato un sistema possibile: un repertorio delle qualifiche aggiornato attraverso confronti con le parti sociali, un bando per la costituzione di un catalogo dell’offerta formativa, la concessione dei finanziamenti attraverso una procedura a sportello sulla base degli iscritti ai corsi in catalogo. Certamente il sistema sarà oggetto di una messa a punto, ma intanto si è messo in moto, con una sua consistenza. Contemporaneamente sono state implementate procedure per la selezione del personale da parte dei soggetti attuatori che potessero in qualche modo tutelare il personale dell’albo. Ma è la stessa fonte di finanziamento dell’attività che non consente di immaginare rapporti stabili per il personale attualmente iscritto all’albo e disoccupato. L’esigenza di tutelare il personale non può tra l’altro prescindere dalla superiore esigenza di offrire servizi efficaci, o almeno di provare a farlo. Niente che non fosse implementato in quest’ottica avrebbe la possibilità di sopravvivere più di qualche mese, come la storia recente insegna.
Quindi la tutela reale del personale sta nell’individuare un percorso per ciascuno, date le risorse disponibili presumibilmente al di fuori del comparto, con il concorso dell’intera giunta regionale e con la definizione di percorsi e risorse aggiuntive insieme al governo nazionale. Le dimensioni delle conseguenze occupazionali del crollo dopo il papocchio sarebbero state evidenziate come drammatiche da almeno 5 anni per qualunque altro comparto in qualunque altro posto del mondo occidentale. In Sicilia no: qui ammuina, cassate e annacamento. Per anni. Ovviamente il problema non si è ridotto di complessità, è solo sceso il numero dei soggetti “attivi” iscritti all’albo, per vari motivi, come è facile immaginare.
L’assessore Lagalla ha comunque lavorato su un piano per il personale che prevede pensionamenti anticipati, provando a dare concretezza a ipotesi formulate in anni precedenti, fuoriuscita volontaria, e ricollocazione all’esterno del comparto, con un accordo già firmato riguardante il programma Agenda Digitale.
Oltre ai programmi messi in atto dall’assessore Lagalla, nell’attuale legislatura appare significativo solo un altro atto, la deliberazione della giunta regionale n. 166 del 10 aprile 2018 (http://www.regione.sicilia.it/deliberegiunta/file/giunta/allegati/Delibera_166_18.pdf), che consiste nella definizione di un quadro strategico per la “Creazione rete servizi per il lavoro”, una rete che integri servizi per il lavoro, politiche attive del lavoro, attività formativa e istruzione. Ma si tratta appunto di una delibera quadro che finora purtroppo non ha avuto seguito.
Quindi sul fronte del personale proveniente dagli sportelli multifunzionali non ci sono atti concreti. Ci sono articoli di leggi collegate al bilancio della Regione Siciliana del 2016 e del 2017 che introducono la possibilità di affidare azioni di potenziamento dei centri per l’impiego all’ente in house Ciapi di Priolo e ai soggetti accreditati per i servizi per il lavoro, in regime di sussidiarietà orizzontale, così come avviene in altre regioni ed è consentito dal quadro nazionale. L’ottica è quella di impiegare il personale competente in servizi utili ed efficaci per i cittadini. Nelle sue dichiarazioni programmatiche, tra l’altro, il presidente Musumeci introduce l’ipotesi della creazione di un’agenzia unica regionale per la formazione e il lavoro, agenzia che trova spazio anche nell’ultimo documento di economia e finanza (DEF regionale), elemento fondamentale per il triennio 2018-2020. Un’agenzia con responsabilità dirette nell’erogazione di servizi per le politiche attive del lavoro e con “un ruolo di regia e coordinamento anche degli enti accreditati alla formazione ed ai servizi del lavoro”. Ma non c’è nemmeno un cenno di implementazione di tutto questo.
Il potenziamento dei servizi per il lavoro, dei servizi per le politiche attive del lavoro, è però un’esigenza che non può attendere ancora a lungo di essere soddisfatta, e questo sia a livello nazionale che regionale (lo stesso ministro Di Maio ha dichiarato che “La Sicilia è la regione che è messa peggio per quanto riguarda i centri per l'impiego” – (http://palermo.repubblica.it/politica/2018/07/22/news/di_maio_a_caltanissetta_noi_ai_trattati_con_nord_africa_e_canada_cosi_difenderemo_l_agricoltura_siciliani_-202411831/). I servizi italiani non sono nemmeno confrontabili con quelli degli altri paesi UE. E sembra impossibile raggiungere i livelli necessari in tempi accettabili con un sistema puramente pubblico. Servizi per le politiche attive del lavoro efficaci erano già necessari per completare il disegno del cosiddetto Jobs Act e lo sono ancora di più per l’implementazione delle politiche del lavoro e per lo sviluppo dell’attuale governo nazionale.
Sul sito del ministero del lavoro e delle politiche sociali il 10 agosto viene pubblicato un comunicato (http://www.lavoro.gov.it/stampa-e-media/comunicati/pagine/di-maio-su-ex-sportellisti-siciliani-cerchiamo-soluzione-a-danno-clientelare-generato-da-giunte-di-destra-e-sinistra.aspx/), dal quale si deduce innanzitutto che è necessario lavorare ancora un po’ per assicurarsi che il quadro siciliano sia chiaro al nuovo ministro e al suo staff, ma anche che il riordino del sistema siciliano, del quale la Regione Siciliana ha piena responsabilità, dovrà avvenire nel quadro delle strategie nazionali e con il fine di rafforzare l’attuazione delle politiche per il lavoro. Dal tono del comunicato sembra che il ministro escluda il riproporsi di nostalgici papocchi o di persistere nelle politiche dell’ammuina e dell’annacamento, e tantomeno di assecondare la diffusione di nuove cassate.
È necessario procedere per passaggi successivi: attivare immediatamente azioni transitorie che pongano in qualche modo rimedio agli anni di sterile inerzia, mobilitando ogni risorsa possibile, e nel frattempo costruire un sistema coerente, consistente, sostenibile. Che non abbia fondamenta di cartone che lo facciano crollare come i papocchi del recente passato.
Attenzione però che quel tavolo di confronto richiesto dal presidente della Regione Siciliana, facendo seguito a ragionamenti già condivisi con il livello nazionale, non diventi il campo di gioco per uno degli sport nazionali più praticati: il gioco del cerino. Se così fosse, qualcuno al tavolo si brucerebbe senz’altro le dita, ma definitivamente bruciati ne uscirebbero gli operatori del comparto e i cittadini siciliani, umiliati ancora dall’inesistenza di servizi fondamentali e di cui hanno diritto, dall’impossibilità di esercitare pienamente i propri diritti di cittadinanza, come ha recentemente osservato il direttore dello Svimez Luca Bianchi a proposito del Mezzogiorno nel suo complesso.
Siamo certi che la qualità e la determinazione di chi condividerà la regia del tavolo di confronto saranno in grado di scongiurare il rischio.
Print article | This entry was posted by Itinerari on 13.08.2018 at 16:12:00 . Follow any responses to this post through RSS 2.0. |