Categoria: "Le politiche del lavoro in Sicilia"

LA POLITICA DI PASQUALE

Dalla fine di febbraio l’Italia, e progressivamente il mondo, vive tempi drammatici. Voci autorevoli, competenti organizzazioni internazionali prevedono facilmente una grandissima crisi economica con gravi risvolti sociali. Al momento sembra che resterà disoccupato a livello mondiale almeno l’equivalente di circa 200 milioni di lavoratori a tempo pieno.

Quindi sembra che la categoria degli “ultimi” avrà un notevole numero di nuovi ingressi.

E cosa succederà a coloro che erano magari temporaneamente “ultimi”, o quantomeno privi di reddito, al momento della catastrofe? Scivoleranno ancora più giù, in una nuova categoria, diciamo degli “ultraultimi”?

Si soccorre, giustamente, chi ha avuto un reddito fino a due mesi fa. Gli va garantita la continuità almeno del livello di sussistenza. Sì, è giusto.

Poi ci sono quegli altri, quelli che non si sa come campavano ma campavano: lavori in nero, lavoretti, altre attività non dichiarabili. In emergenza vanno sostenuti senza chiedersi come campavano. Certo. Magari hanno pure una seconda casa, ereditata, e non hanno potuto accedere al reddito di cittadinanza. Ok, abbuoniamogli la seconda casetta ereditata dal nonno, è equo.

Poi ci sono quelli che la casa ce l’avevano, una, che si sono pagati col mutuo. Qualcuno non ha nemmeno finito di pagarla. E se la sono dovuta vendere, per campare, o l’hanno persa. O quelli che sono stati licenziati e hanno campato del TFR che hanno, magari, solo parzialmente percepito. Magari ne hanno ancora un po’ in banca, ma finirà e non gli resterà più proprio niente. Non è detto che chi ha lavorato fino a 2 mesi fa sia in queste condizioni tragiche.

Tra quelli che si barcamenano da anni tra incarichi brevi, lavoretti e stratagemmi vari ci sono migliaia di operatori della formazione professionale siciliana e derivati sportelli multifunzionali (servizi di orientamento privati finanziati dalla Regione Siciliana, che dal 2000 al 2013 hanno costituito i servizi regionali per le politiche attive del lavoro). Tutti avevano un contratto di lavoro a tempo indeterminato molto spesso ultratrentennale e tutele legali. Tutto svanito in breve tempo.

Certo, ora bisogna affrontare la coesistenza con l’emergenza sanitaria, che non finirà presto, ammortizzare la crisi simmetrica della domanda e dell’offerta, la crisi di liquidità, il rischio di chiusura definitiva di molte aziende, lo spettro di un livello di disoccupazione devastante.

Quindi le questioni rimaste irrisolte (possiamo anche dire mai affrontate seriamente) rischiano di scivolare nel retropalco, lontano dalle luci del primo piano. Ma questo non vuol dire che i problemi non persistano, aggravati, incancreniti dagli anni passati, sospesi da provvedimenti eternamente imminenti ma mai arrivati. Sono arrivati i complimenti, il sincero apprezzamento per proposte e iniziative di gruppi di questi lavoratori, che però necessitavano di sostegno reale, anche solo normativo, per realizzarsi. Sostegno concreto, finora, mai arrivato. In 7 anni.

7 anni in cui i binari su cui si sono messi o sono stati indotti a mettersi i lavoratori sono stati resi binari morti, o lo erano già in partenza. Come l’illusorio reimpiego in un sistema che non avrebbe mai potuto riassorbire che quote irrisorie del personale, peggiorando ulteriormente le condizioni e le prospettive col confinamento dei lavoratori in un limbo nebuloso alimentato da una intenzionale ammuina. Come le iniziative di autoimpiego nell’ambito dei servizi per il lavoro, lasciate agonizzare senza muovere un dito ma circondate di belle parole.

L’atteggiamento pluriennale della politica dei vari schieramenti ricorda la scenetta di Totò e Mario Castellani a Studio Uno nel 1966. I lavoratori aspettano ancora di trovare qualcuno che si assuma la responsabilità di una soluzione. Introvabile. Già, perché essendo le colpe di quel Pasquale lì, che è certamente sempre un altro, la risposta nei fatti è sempre stata: “che mi frega a me, che so’ Pasquale io?

I lavoratori però di “Pasquale” ne hanno ben presenti un elenco.

Nessuno si senta offeso.

Nessuno si senta escluso.

LA POLITICA DI PASQUALE

https://www.raiplay.it/video/2017/03/Il-ritorno-a-Studio-Uno-26ddcdbe-a07f-457b-a9f2-5b381fd04e3a.html

PAPOCCHI, AMMUINE E CASSATE: LA CRISI (SOCIALE) DELLA FORMAZIONE E DEI SERVIZI PER IL LAVORO IN SICILIA

 

Il 9 agosto 2018 il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, invia una lettera al ministro Luigi Di Maio. Oggetto: “Formazione e sportellisti”. [ http://www.regioni.it/dalleregioni/2018/08/09/sicilia-regione-formazione-e-sportellisti-musumeci-scrive-a-di-maio-574042/ ]

Chi sono gli “sportellisti”? Perché il presidente della Regione Siciliana scrive al ministro? Che c’entra la Formazione? Gli “sportellisti” sono operatori che hanno lavorato in strutture private che offrivano servizi di orientamento, successivamente accreditate ai sensi del DM 166/2001 e finanziate dalla Regione Siciliana denominate “Sportelli Multifunzionali”. L’idea nacque sul finire degli anni ’90: ridurre il personale e la spesa per la formazione professionale trasferendo gli operatori in strutture orientative. Gli sportelli multifunzionali entrarono in funzione tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001. Dovevano diventare le sedi periferiche dell’Agenzia Regionale per l’Impiego e occuparsi di politiche attive del lavoro integrando l’azione dei centri per l’impiego, uffici periferici del Dipartimento Regionale del Lavoro.

Il presidente Musumeci scrive al ministro Di Maio: «Al di là di ogni possibile valutazione sulle origini e sulle cause che, in un lungo arco temporale, hanno generato, nel settore, il sovradimensionamento degli addetti - scrive ancora il presidente Musumeci - si consolida oggi una vera e propria emergenza sociale i cui impatti umani ed economici non sono ulteriormente tollerabili.» Vero: c’è un grande problema e va risolto, indipendentemente dalle cause che l’hanno generato. Però è il caso di capire cosa è successo e quando.

Nel 2003 il capitolo del bilancio della Regione Siciliana era lo stesso per formazione professionale e sportelli multifunzionali e la spesa ammontava a 116 milioni di euro. Nel 2010 la spesa complessiva ammontava a circa 347 milioni di euro: triplicata. La sola formazione professionale costava 278 milioni di euro. Ma non si sarebbe dovuta ridurre di volume, a seguito della fuoriuscita del personale verso quelle strutture orientative denominate sportelli multifunzionali? E invece… carta vince, carta perde… dopo lo scorporo della spesa per gli sportelli multifunzionali, nel 2005 la formazione professionale costava 119 milioni di euro e gli sportelli multifunzionali circa 48,5 milioni. C’era già stato un aumento della spesa nel 2004 di circa il 33%. Un altro salto da Guinness si è registrato nel 2006, l’anno successivo allo scorporo: la formazione professionale passò da un finanziamento di 119 milioni a 208,5 milioni. Nel frattempo lo stanziamento per gli sportelli multifunzionali passò dai 48,5 milioni del 2005 agli 84,5 milioni del 2010. Guarda caso, a fine 2010 gli sportelli multifunzionali escono dal bilancio regionale per essere finanziati con fondi europei, seguiti dalla formazione professionale: fondi europei che non finanziano stipendi, notoriamente, ma azioni, progetti. Qui si realizza il papocchio: cioè in 7 anni si è consapevolmente ingigantito un sistema già considerato ipertrofico, lanciandolo verso il crollo, puntualmente avvenuto, con le conseguenze occupazionali che oggi si cerca di sanare. Ma, come dice il presidente Musumeci, poco importa: il problema va risolto. Se però qualcuno avesse la curiosità di andare a vedere chi governava la Regione e il sistema…

Un altro elemento critico dell’analisi del presidente Musumeci riguarda le prospettive per il personale, rebus sic stantibus, considerato, come sopra riportato, comunque “sovradimensionato”, cioè eccessivo per il comparto: «questo governo regionale, nell'arco di sette mesi, ha ripristinato le attività formative, cosicché è oggi possibile prevedere il parziale riassorbimento occupazionale dei lavoratori da tempo fuoriusciti dal bacino» […] «A questo punto, con l'intento di definire condivise linee di azione, ritengo utile e necessario richiedere un confronto con la S.V. e con il ministero che Ella dirige al fine di individuare sostenibili obiettivi e programmare adeguati interventi, volti ad arginare e risolvere la descritta situazione di crisi»

Ma qual è a situazione reale del personale del comparto, al netto delle mistificazioni diffuse da più parti? Nelle tabelle che seguono riportiamo un’analisi dell’albo regionale degli operatori della formazione pubblicato lo scorso 23 luglio.

 

ALBO OPERATORI FORMAZIONE SICILIA - SINTESI

D.D.G. N._3270_ del_23 luglio 2018

     


Le colonne si riferiscono ai tre ambiti fondamentali (impropriamente spesso definiti “filiere”): gli sportelli multifunzionali (servizi per il lavoro o “servizi formativi”), i percorsi di istruzione e formazione professionale per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione (IeFP), i corsi di formazione (“interventi formativi”). “quest” sta per “questionario” e si riferisce ad un “questionario conoscitivo” la cui compilazione e successivo invio è stato richiesto dal dipartimento regionale dell’istruzione e della formazione professionale agli iscritti all’albo. Secondo le fonti istituzionali, i questionari che risultano pervenuti sono 5.135, ma non tutti sono stati correttamente acquisiti. Si sta provvedendo a recuperare i dati non ancora inseriti.

La seconda tabella riguarda gli iscritti all’albo che hanno dichiarato di essere stati inquadrati nei ruoli più propriamente tecnici relativi all’erogazione dei vari servizi. Nell’ipotesi di definizione di un piano condiviso di ricollocazione del personale è intenzione delle varie istituzioni coinvolte, sembra, che ognuno venga ricollocato in ruoli corrispondenti alle proprie competenze, eventualmente dopo un percorso di aggiornamento o di riqualificazione.

     

SERVIZI FORMATIVI S.M.I.

I e F.P.

INTERVENTI FORMATIVI

TOTALE

   
   

DDG.693/ 2018 quest

840

296

2476

3612

   
   

Senza quest

1048

227

3434

4709

   
   

TOTALE

1888

523

5910

8321

   
                 
                 

SOLO AREA EROGAZIONE

       
                 
     

SERVIZI FORMATIVI S.M.I.

I e F.P.

INTERVENTI FORMATIVI

TOTALE

   
   

DDG.693/ 2018 quest

488

130

1249

1867

   
   

Senza quest

635

170

1746

2551

   
   

TOTALE

1123

300

2995

4418

   

 

Tra le cassate che riguardano l’argomento c’è quella arricchita e iperglassata riguardante il numero degli iscritti. Si legge da qualche parte che sarebbero 9.500. E invece no: sono 8.321. L’altra cassata confezionata ad arte sul tema è quella sul blocco delle assunzioni al 31 dicembre 2008. Il blocco non poteva esserci perché i soggetti che assumevano erano privati, e quindi liberi di assumere. Le assunzioni avrebbero potuto essere limitate con disposizioni indirette. Si è provato a bloccare l’iscrizione all’albo, con la deliberazione della giunta regionale n. 350 del 2010, impedendo l’iscrizione agli assunti successivamente al fatidico 31 dicembre 2008. Ma il TAR sentenzia regolarmente, su ricorso degli interessati, che non si può bloccare con una delibera della giunta regionale un albo istituito con una legge regionale (la LR 24 del 1976): è necessaria una norma di pari rango. E quindi i ricorrenti assunti dopo la suddetta data vengono regolarmente inseriti nell’albo.

Come ha agito la Regione Siciliana dal 2010 per ammortizzare l’implosione del sistema? Come ben si addice a questa parte importante del borbonico Regno delle Due Sicilia, facendo ammuina. Ovvero, con l’adozione del più siculo dei paradigmi, quello dell’“annacamento”: il massimo del movimento col minimo dello spostamento. E qui la più tradizionale delle Opere dei Pupi impallidirebbe per caratterizzazione delle parti, prevedibilità della pantomima, ovvietà del finale. Cioè? Cioè il nulla. Nessuna legge di riforma del comparto,  nessun piano concreto per il personale; chiacchiere sterminate; rassicurazioni paternalistiche di politici di maggioranza, assessori, dirigenti generali, e sostegno alle proteste da parte di politici di opposizione; promesse di leggi, percorsi e risorse destinate. Piattaforme rivendicative di sindacati “istituzionali” e gruppi informali autocostituiti, singolari modi di alzare le pretese man mano che le “trattative” (termine obiettivamente esagerato) procedevano senza risultati. E poi guerre tra poveri e intimidazioni reciproche, corti dei miracoli e varia umanità alla ribalta. E poi la chiusura progressiva di molti enti di formazione, compresi i più grandi e tradizionali, presenti nel resto d’Italia, attività formativa quasi inesistente da anni, assenza di reali servizi per le politiche attive dal 2013. In una parola: il risultato di questi ultimi 8 anni è stata la desertificazione. A tutti gli attori in campo vanno i nostri più sinceri e sentiti complimenti, ma in particolare le congratulazioni vanno ai seguaci di Quinto Fabio Massimo detto Cunctator (il temporeggiatore), che probabilmente hanno conseguito i loro fini.

La madre di tutte le cassate è l’intenzione di alcune parti di far corrispondere le sorti del personale con quelle del comparto: il comparto deve tornare retrotopicamente allo stato degli anni del papocchio perché ciascuno possa “riprendere il proprio lavoro”. Ma al momento il comparto è finanziato con fondi europei, che hanno regole diverse da quelle autarchiche che si era potuta dare la Regione Siciliana, e i fondi disponibili sono notevolmente inferiori a quelli del primo decennio di questo secolo.

L’attuale assessore della formazione e dell’istruzione Prof. Roberto Lagalla, insieme ai suoi qualificati collaboratori, ha analizzato le risorse disponibili, il quadro normativo, le criticità che hanno impedito l’attività formativa negli scorsi anni e ha valutato quale sistema potesse essere costruito a partire da questi presupposti, facendo tesoro delle lezioni apprese dalle esperienze di altri territori (un must della programmazione europea, tra l’altro). È quindi stato delineato e realizzato un sistema possibile: un repertorio delle qualifiche aggiornato attraverso confronti con le parti sociali, un bando per la costituzione di un catalogo dell’offerta formativa, la concessione dei finanziamenti attraverso una procedura a sportello sulla base degli iscritti ai corsi in catalogo. Certamente il sistema sarà oggetto di una messa a punto, ma intanto si è messo in moto, con una sua consistenza. Contemporaneamente sono state implementate procedure per la selezione del personale da parte dei soggetti attuatori che potessero in qualche modo tutelare il personale dell’albo. Ma è la stessa fonte di finanziamento dell’attività che non consente di immaginare rapporti stabili per il personale attualmente iscritto all’albo e disoccupato. L’esigenza di tutelare il personale non può tra l’altro prescindere dalla superiore esigenza di offrire servizi efficaci, o almeno di provare a farlo. Niente che non fosse implementato in quest’ottica avrebbe la possibilità di sopravvivere più di qualche mese, come la storia recente insegna.

Quindi la tutela reale del personale sta nell’individuare un percorso per ciascuno, date le risorse disponibili presumibilmente al di fuori del comparto, con il concorso dell’intera giunta regionale e con la definizione di percorsi e risorse aggiuntive insieme al governo nazionale. Le dimensioni delle conseguenze occupazionali del crollo dopo il papocchio sarebbero state evidenziate come drammatiche da almeno 5 anni per qualunque altro comparto in qualunque altro posto del mondo occidentale. In Sicilia no: qui ammuina, cassate e annacamento. Per anni. Ovviamente il problema non si è ridotto di complessità, è solo sceso il numero dei soggetti “attivi” iscritti all’albo, per vari motivi, come è facile immaginare.

L’assessore Lagalla ha comunque lavorato su un piano per il personale che prevede pensionamenti anticipati, provando a dare concretezza a ipotesi formulate in anni precedenti, fuoriuscita volontaria, e ricollocazione all’esterno del comparto, con un accordo già firmato riguardante il programma Agenda Digitale.

Oltre ai programmi messi in atto dall’assessore Lagalla, nell’attuale legislatura appare significativo solo un altro atto, la deliberazione della giunta regionale n. 166 del 10 aprile 2018 (http://www.regione.sicilia.it/deliberegiunta/file/giunta/allegati/Delibera_166_18.pdf), che consiste nella definizione di un quadro strategico per la “Creazione rete servizi per il lavoro”, una rete che integri servizi per il lavoro, politiche attive del lavoro, attività formativa e istruzione. Ma si tratta appunto di una delibera quadro che finora purtroppo non ha avuto seguito.

Quindi sul fronte del personale proveniente dagli sportelli multifunzionali non ci sono atti concreti. Ci sono articoli di leggi collegate al bilancio della Regione Siciliana del 2016 e del 2017 che introducono la possibilità di affidare azioni di potenziamento dei centri per l’impiego all’ente in house Ciapi di Priolo e ai soggetti accreditati per i servizi per il lavoro, in regime di sussidiarietà orizzontale, così come avviene in altre regioni ed è consentito dal quadro nazionale. L’ottica è quella di impiegare il personale competente in servizi utili ed efficaci per i cittadini. Nelle sue dichiarazioni programmatiche, tra l’altro, il presidente Musumeci introduce l’ipotesi della creazione di un’agenzia unica regionale per la formazione e il lavoro, agenzia che trova spazio anche nell’ultimo documento di economia e finanza (DEF regionale), elemento fondamentale per il triennio 2018-2020. Un’agenzia con responsabilità dirette nell’erogazione di servizi per le politiche attive del lavoro e con “un ruolo di regia e coordinamento anche degli enti accreditati alla formazione ed ai servizi del lavoro”. Ma non c’è nemmeno un cenno di implementazione di tutto questo.

Il potenziamento dei servizi per il lavoro, dei servizi per le politiche attive del lavoro, è però un’esigenza che non può attendere ancora a lungo di essere soddisfatta, e questo sia a livello nazionale che regionale (lo stesso ministro Di Maio ha dichiarato che “La Sicilia è la regione che è messa peggio per quanto riguarda i centri per l'impiego” – (http://palermo.repubblica.it/politica/2018/07/22/news/di_maio_a_caltanissetta_noi_ai_trattati_con_nord_africa_e_canada_cosi_difenderemo_l_agricoltura_siciliani_-202411831/). I servizi italiani non sono nemmeno confrontabili con quelli degli altri paesi UE. E sembra impossibile raggiungere i livelli necessari in tempi accettabili con un sistema puramente pubblico. Servizi per le politiche attive del lavoro efficaci erano già necessari per completare il disegno del cosiddetto Jobs Act e lo sono ancora di più per l’implementazione delle politiche del lavoro e per lo sviluppo dell’attuale governo nazionale.

Sul sito del ministero del lavoro e delle politiche sociali il 10 agosto viene pubblicato un comunicato (http://www.lavoro.gov.it/stampa-e-media/comunicati/pagine/di-maio-su-ex-sportellisti-siciliani-cerchiamo-soluzione-a-danno-clientelare-generato-da-giunte-di-destra-e-sinistra.aspx/), dal quale si deduce innanzitutto che è necessario lavorare ancora un po’ per assicurarsi che il quadro siciliano sia chiaro al nuovo ministro e al suo staff, ma anche che il riordino del sistema siciliano, del quale la Regione Siciliana ha piena responsabilità, dovrà avvenire nel quadro delle strategie nazionali e con il fine di rafforzare l’attuazione delle politiche per il lavoro. Dal tono del comunicato sembra che il ministro escluda il riproporsi di nostalgici papocchi o di persistere nelle politiche dell’ammuina e dell’annacamento, e tantomeno di assecondare la diffusione di nuove cassate.

È necessario procedere per passaggi successivi: attivare immediatamente azioni transitorie che pongano in qualche modo rimedio agli anni di sterile inerzia, mobilitando ogni risorsa possibile, e nel frattempo costruire un sistema coerente, consistente, sostenibile. Che non abbia fondamenta di cartone che lo facciano crollare come i papocchi del recente passato.

Attenzione però che quel tavolo di confronto richiesto dal presidente della Regione Siciliana, facendo seguito a ragionamenti già condivisi con il livello nazionale, non diventi il campo di gioco per uno degli sport nazionali più praticati: il gioco del cerino. Se così fosse, qualcuno al tavolo si brucerebbe senz’altro le dita, ma definitivamente bruciati ne uscirebbero gli operatori del comparto e i cittadini siciliani, umiliati ancora dall’inesistenza di servizi fondamentali e di cui hanno diritto, dall’impossibilità di esercitare pienamente i propri diritti di cittadinanza, come ha recentemente osservato il direttore dello Svimez Luca Bianchi a proposito del Mezzogiorno nel suo complesso.

Siamo certi che la qualità e la determinazione di chi condividerà la regia del tavolo di confronto saranno in grado di scongiurare il rischio.

 

PAPOCCHI, AMMUINE E CASSATE: LA CRISI (SOCIALE) DELLA FORMAZIONE E DEI SERVIZI PER IL LAVORO IN SICILIA

 

  papocchi_ammuine_e_cassate.pdf

IL LAVORO, LE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO, I SERVIZI PER IL LAVORO E LE ELEZIONI REGIONALI SICILIANE

I candidati alla presidenza della Regione Siciliana hanno presentato il loro programma. Tra le altre cose, ovviamente, si parla del problema dei problemi, che aspetta la soluzione delle soluzioni: il lavoro.

Nei programmi dei candidati si parla di stage alla Regione per i giovani, di sostegno alle start-up e alla cooperazione, c’è molta attenzione per la creazione d’impresa in genere, per stabilizzazione dei precari per ipotesi di un nuovo sistema formativo, per non specificate “riforme” dei Centri per l’impiego.

Ma c’è una visione del mercato del lavoro siciliano? Del modo in cui i lavoratori possono e devono essere sostenuti nella ricerca di un’occupazione? Dei cambiamenti in corso nel lavoro e degli scenari che si preparano per il futuro? Di quali politiche attive del lavoro potranno e dovranno essere attuate in Sicilia? Di quali servizi potranno e dovranno essere offerti ai cittadini per perseguire l’obiettivo della piena inclusione sociale, economica e lavorativa di coloro che vivono in questa Regione? Di quali sono gli orientamenti europei, le politiche e le norme nazionali e regionali che definiscono il contesto attuale nel quale muoversi e di cui eventualmente immaginare una riforma, e quale riforma?

Itinerari per il Lavoro, dal suo punto di osservazione e partendo esattamente dall’attuale contesto e da un’analisi delle criticità, ha messo a punto la proposta di un’”Agenda per i Servizi per il Lavoro in Sicilia”, su cui ha già aggregato consensi e che sosterrà concretamente e risolutamente nei confronti della prossima amministrazione regionale.

 

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Un’agenda per i Servizi per il Lavoro in Sicilia

Costruire una sostenibilità economica di servizi efficaci.

  1. I servizi per il lavoro privati

Definizione chiara di un modello del sistema misto pubblico-privato dei servizi per il lavoro, nazionale e regionale, nell'ottica dell'offerta di servizi a tutti i lavoratori, così come previsto dal paradigma della flexicurity. Nell’ambito del modello generale, definizione di un modello economico sostenibile per i soggetti accreditati per i servizi per il lavoro profit e no profit, prevedendo anche il superamento delle misure con finanziamento a risultato, di tipo pay by result come l’assegno di ricollocazione, e il peggiore contratto di ricollocazione siciliano, come sole misure destinate ai servizi per il lavoro privati, in quanto parziali, non sostenibili, inadeguate rispetto ai posti di lavoro vacanti e aleatorio rispetto agli obiettivi, mentre l’Europa si spende sull’orientamento permanente, lungo tutto l’arco della vita lavorativa. Le stesse misure con finanziamento a risultato implicano un rischio per il soggetto attuatore, rischio che va comunque compensato con criteri di equità in relazione al territorio di riferimento perché non siano una perdita certa anche per i soggetti attuatori più efficaci.

  1. Sussidiarietà

Applicazione degli articoli 12 e 13 della LR 8/2016 (recepimento D.Lgs. 150/2015 e sussidiarietà nei servizi per il lavoro in Sicilia, cioè offerta dei servizi per il lavoro di base anche attraverso i soggetti accreditati).

  1. Accreditamento

Modifica delle norme di accreditamento e audit regionale siciliano in modo da rendere sostenibile l'attività per i servizi per il lavoro privati, tenuto conto delle norme nazionali e delle condizioni reali di esercizio, senza requisiti inutilmente restrittivi rispetto alla tipologia delle attività (requisiti previsti per i locali, obbligo di attività pregressa non richiesto dalle altre Regioni, contratto operatori anche di tipo professionale aperto e non solo subordinato).

  1. Risorse

Individuazione e piano di impegno di risorse europee, nazionali e regionali a breve, medio e lungo termine per il finanziamento dei servizi per il lavoro (che devono essere a costo zero per i lavoratori, per legge e per convenzioni internazionali), per garantire continuità ai servizi privati e che consentano di attuare progettualità e investimenti.

  1. Operatori ex sportelli multifunzionali

Risoluzione delle ambiguità relative al personale proveniente dai soppressi sportelli multifunzionali: un percorso per ciascuno, realistico e attuabile (ricollocazione anche esterna al settore pensionamenti anticipati, esodi incentivati, autoimpiego), con attribuzione di un significato certo all'elenco ad esaurimento.

  1. Organismo in house

Attribuzione di un ruolo chiaro al Ciapi di Priolo: agenzia tecnica intermedia, APL tra le APL o ente in house per progetti specifici.

  1. Reti di soggetti accreditati

Prevedere le reti di soggetti accreditati come possibile componente della rete dei servizi per le politiche attive del lavoro attraverso l'armonizzazione di norme e disposizioni. Le reti di soggetti accreditati devono poter partecipare come soggetto formalizzato a bandi, avvisi e attività istituzionali riguardanti il mercato del lavoro.

   itinerari_per_il_lavoro_-_agenda_per_servizi_per_il_lavo-1.pdf

SICILIA, CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE: UN BANDO INSOSTENIBILE

In piena calura estiva l’assessorato del lavoro della Regione Siciliana pubblica un avviso congelato su un sistema di misure denominato “Contratto di Ricollocazione”, su questa pagina:

Contratto di Ricollocazione Regione Siciliana – 4 agosto 2017

Il contratto di ricollocazione, abbreviato in “Co.d.R.” sull’avviso, nonostante il caldo agostano e luciferino nasce congelato perché non c’è nessuna “call for action”, nessuna azione possibile al momento: i soggetti accreditati per i servizi per il lavoro potranno presentare una manifestazione d’interesse “mediante procedura a sportello con finestre temporali mensili, ciascuna con chiusura all'ultimo giorno del mese”. Per quanto riguarda i destinatari, “Il Dipartimento Lavoro, attraverso specifica informativa pubblica (avviso ai destinatari), rende noto ai potenziali destinatari le caratteristiche del dispositivo del Co.d.R. e le relative procedure di accesso”, anche questa in futuro.

Il piano di inserimento personalizzato può prevedere due tipi di percorso: accompagnamento al lavoro subordinato o accompagnamento al lavoro autonomo. Per ciascuno dei due percorsi sono previste attività ben identificate e con una durata in ore rigidamente stabilita in base alla profilazione (definita stranamente profilatura in difformità col termine adottato dall’Anpal) del destinatario.

Il finanziamento della misura è a rimborso in base al risultato occupazionale conseguito. Il rimborso in caso di successo del percorso al massimo livello, è di 34 €/ora. Il rimborso si riduce in caso di insuccesso occupazionale (altamente prevedibile) o di successo parziale. Il rimborso minimo è di 10 €/ora. In pratica, visto che c’è un vincolo forte sulla durata delle azioni, se va bene il rimborso copre le spese, altrimenti rimane ben al di sotto anche del solo costo del personale. La sostenibilità delle azioni sembra ancora una volta non essere presa in considerazione dagli organi della Regione Siciliana.

Supporre che il successo del percorso di ricollocazione debba essere la norma cozza con i risultati di studi e indagini, ed è tanto più velleitario in una regione con le difficoltà occupazionali come la Sicilia. Per le considerazioni sulle finalità dei servizi per le politiche attive del lavoro rinviamo al nostro articolo del 5 aprile 2017 pubblicato in questo stesso blog. Qui vogliamo brevemente occuparci della potenziale efficacia della misura, con riferimento alla curva di Beveridge.

Nel diagramma che segue è riportata una curva di Beveridge relativa all’Italia. Per noi, in questa sede, ha un valore indicativo, ma significativo: nel quarto trimestre 2015 il rapporto tra tasso di disoccupazione e tasso di posti vacanti è circa di 11.5/0.7, cioè i disoccupati in cerca di lavoro sono circa 16 volte più numerosi dei posti di lavoro vacanti. Quindi matematicamente quindici disoccupati su sedici non possono trovare lavoro in tempi brevi. Nel caso in cui i servizi di intermediazione del lavoro, di incrocio domanda-offerta, vengano resi più efficaci questo rapporto migliora leggermente. Ma come si rendono più efficaci i servizi per il lavoro? Quanto tempo richiede lo sviluppo di tali servizi? La storia della rete pubblico-privato dei servizi per le politiche attive del lavoro prevista dal Jobs Act (D. Lgs. 150/2015) testimonia la complessità dell’impresa. Di certo non la si risolve con un bando come quello di cui ci stiamo occupando.

Curva di Beveridge Italia

 

WorkMag (http://www.workmag.it/2016/03/aumentano-i-disoccupati-ed-anche-i-posti-vacanti/)

Inoltre i percorsi guidati dagli operatori tendono ad essere efficaci solo con i lavoratori più facilmente impiegabili (le cui competenze e abilità sono richieste dal mercato del lavoro locale), mentre non aiutano molto i lavoratori meno desiderabili.

Se ci sono meno posti di lavoro che persone in cerca di lavoro (ed è il caso dell’Italia, testimoniato dalla curva di Beveridge precedente) i percorsi possono aiutare alcuni lavoratori ad ottenere i posti di lavoro disponibili a spese degli altri in cerca di lavoro.

[Michael Rosholm, Do case workers help the unemployed? https://wol.iza.org/articles/do-case-workers-help-the-unemployed]

Il lavoro non si crea con le misure di politica attiva del lavoro, ma con un’integrazione di misure di vario tipo che comprendano certamente le misure di politica del lavoro ma partano da misure di politica economica e industriale.

Quindi qual è il senso di questa misura, ora, in Sicilia, dichiaratamente complementare ad ogni altra misura di politica attiva del lavoro, e soprattutto all’assegno di ricollocazione gestito dall’Anpal?

In cauda venenum… e il veleno sta in quello che potrebbe sembrare un colpo di genio: usare gli enti attuatori come istituti di credito per anticipare senza interessi indennità ai disoccupati. Già: è prevista un’indennità di 4 €/ora per i destinatari, indennità che deve essere anticipata dai soggetti attuatori e poi rendicontata per ottenere il rimborso. Con un profiling “Alto” il destinatario percepisce 944 euro, quindi con 100 utenti di questo livello un soggetto attuatore solo per le indennità si troverebbe ad anticipare poco meno di 100mila euro. Alla fine e a conti fatti l’aspetto più rilevante (il reale obiettivo?) della misura è la corresponsione di un sostegno al reddito a spese dei soggetti attuatori, senza alcuna valutazione della sostenibilità economica dell’attività complessiva definita dall’avviso. Senza alcuna valutazione lo supponiamo, perché se qualcuno l’avesse valutata sarebbe emersa l’insostenibilità.

La domanda che a questo punto è doveroso porsi è: perché operatori, agenzie, organizzazioni in genere accreditate, con una dirigenza di normale quoziente intellettivo e con una gestione onesta, dovrebbero presentare una manifestazione di interesse per questo bando? Da tecnici e da stakeholder ci auguriamo che una volta almeno si abbandonino atteggiamenti da sudditi e nessuno si presenti all’appello di questa irragionevole misura.

PER CHI SONO I SERVIZI PER IL LAVORO? QUALE SISTEMA SI VUOLE IMPLEMENTARE? SICILIA METAFORA DEL “NON POSSO”

È il caso di partire da qualche dato ufficiale. Ci siamo chiesti quanti siano gli addetti ai servizi per il lavoro pubblici per ogni lavoratore che abbia diritto a fruire di quei servizi. Abbiamo ascoltato e letto varie indicazioni di questo rapporto, comparato con altri paesi membri dell’Unione Europea, in relazioni tecniche, in interrogazioni nelle aule parlamentari, ma abbiamo preferito andare a cercarli alla fonte. Siamo rimasti sorpresi dalla difficoltà di reperimento di tali dati. Abbiamo deciso di incrociare dati di fonti che abbiamo ritenuto compatibili e riferiti allo stesso periodo.

EUROSTAT

 

 

WAPES-IDB-OECD

 

   

Persons registered with Public Employment Services (source: DG EMPL) 

PES Number of staff (*)

Jobseekers per staff

 

Annual average stock 

 

         

Registered jobseekers 

 

         

 

2014

 

         

Belgium

593.995

 

         

Bulgaria

366.776

 

         

Czech Republic

555.585

 

9.020

 

61,59

   

Denmark

178.893

 

         

Germany

5.018.100

 

93.900

 

53,44

   

Estonia

29.303

 

         

Ireland

383.779

 

         

Greece

1.012.955

 

         

Spain

5.972.391

 

         

France

5.340.804

 

53.000

 

100,77

   

Croatia

329.646

 

         

Italy

7.964.000

 

8.429

(**)

944,83

   

Latvia

87.396

 

         

Lithuania

226.679

 

1.441

 

157,31

   

Luxembourg

18.323

 

         

Hungary

422.445

 

4.333

 

97,49

   

Malta

8.066

 

         

Netherlands

1.014.900

 

4.365

 

232,51

   

Austria

332.846

 

         

Poland

1.862.384

 

         

Portugal

839.610

 

         

Romania

477.220

 

         

Slovenia

130.770

 

920

 

142,14

   

Slovakia

392.520

 

         

Finland

571.618

 

3.200

 

178,63

   

Sweden

677.786

 

12.560

 

53,96

   

Norway

250.712

 

         

Ukraine

 

 

15.490

       

 

 

 

         

 

 

 

(*) WAPES-IDB 2014 Survey - Dati pubblicati in "IDB-WAPES-OECD - The World of Public Employment Services"

 

 

 

 

(**) Dati MLPS 2014. Il 10,7% degli addetti ha un contratto a termine.

 

:

 

 

         

Source of Data: European Commission - Directorate general for employment, social affairs and inclusion (DG EMPL)

Last update: 17.03.2017 

         

Date of extraction: 29 Mar 2017 19:49:07 CEST

         

Hyperlink to the table: http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tps00081

                 

 

I dati italiani sul numero di addetti sono stati ricavati dal monitoraggio sui servizi per l’impiego del MLPS del 2014, in quanto l’Italia non ha partecipato all’indagine mondiale WAPES-IDB-OECD. Per quanto riguarda le persone in cerca di lavoro (“jobseekers”), Eurostat non riporta dati per il 2015 per l’Italia. Per questi motivi abbiamo deciso di riferire i conteggi e la comparazione, peraltro indicativi, al 2014.

In ogni caso, l’Italia presenta il rapporto persone in cerca di lavoro / addetti di gran lunga peggiore tra gli stati rilevati, circa 10 volte peggiore rispetto alla Francia, circa 18 volte rispetto alla Germania.

Ma a cosa servono, o meglio a cosa dovrebbero servire questi servizi per il lavoro?

Cominciamo col richiamare un concetto fondamentale nel mercato del lavoro degli ultimi anni: la flexicurity, la “flessicurezza”.

Secondo la Commissione Europea, la flexicurity è una strategia integrata per migliorare, allo stesso tempo, flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro. Si tenta di conciliare il bisogno dei i datori di lavoro di una forza di lavoro flessibile con il bisogno dei lavoratori di sicurezza - la fiducia che non si troveranno ad affrontare lunghi periodi di disoccupazione. Cioè l’impresa deve poter adeguare la forza lavoro ai cambiamenti, ma nello stesso tempo un sistema efficace di politiche attive del lavoro deve agevolare il passaggio da un impiego all’altro o dallo stato di non occupato a quello di occupato. I principi della flexicurity devono essere implementati dai singoli stati membri.

Ci sono altri elementi che ci aiutano a capire perché e con quale fine vanno organizzati e offerti adeguati servizi per le politiche attive del lavoro.

Convenzione ILO (International Labour Organization, ovvero OIL, Organizzazione Internazionale del Lavoro, agenzia dell’ONU) n.122 del 1964, pubblicata in Italia sulla Gazzetta Ufficiale nel 1970.

Articolo 1

1.    Allo scopo di stimolare il progresso e lo sviluppo economico, di elevare i livelli di vita, di corrispondere ai bisogni di manodopera e di risolvere il problema della disoccupazione e della sottoccupazione, ogni Stato membro formulerà ed applicherà, come obiettivo essenziale, una politica attiva tendente a promuovere il pieno impiego, produttivo e liberamente scelto.

2.    Tale politica dovrà tendere a garantire:

a)       che vi sarà lavoro per tutte le persone disponibili e in cerca di lavoro;

b)      che tale lavoro sarà il più produttivo possibile;

c)       che vi sarà libera scelta dell’occupazione e che ogni lavoratore avrà tutte le possibilità per acquisire le qualificazioni necessarie per occupare un impiego che gli convenga e di utilizzare in tale impiego le sue qualificazioni nonché le sue attitudini, qualunque sia la sua razza, il suo sesso, la sua religione, la sua opinione politica, la sua ascendenza nazionale o la sua origine sociale.

Detta politica attiva dovrà tener conto della situazione e del livello di sviluppo economico così come dei rapporti esistenti tra gli obiettivi dell’impiego e gli altri obiettivi economici e sociali e sarà applicata con metodi adatti alle condizioni ed agli usi nazionali.

 

A testimoniare la validità in corso della convenzione 122, la stessa viene richiamata dalla circolare n. 34 del 2015 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, successiva alla pubblicazione degli 8 decreti legislativi del Jobs Act. Dice la circolare:

“Va tuttavia specificato che, ai fini dell’accesso ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro, lo stato di disoccupazione rappresenta certamente un elemento che può essere considerato allo scopo di meglio mirare l’intervento o di stabilire criteri di priorità, ma non rappresenta un requisito esclusivo. In un’ottica di servizio nei confronti degli utenti, infatti, un’assistenza nella ricerca di occupazione, nonché nell’orientamento verso percorsi di riqualificazione, non può non essere prestata nei confronti coloro che la richiedano, anche se impegnati in attività lavorative non a tempo pieno, o scarsamente remunerative, o non confacenti al proprio livello professionale o semplicemente perché alla ricerca di una occupazione più confacente alle proprie aspettative.

 

Ciò nel rispetto della convenzione OIL n. 122/1964 sulla politica d’impiego, nonché del principio di non discriminazione e di quanto previsto dall’articolo 29, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, relativo al diritto di accesso ai servizi di collocamento, secondo cui “ogni persona può accedere a un servizio di collocamento gratuito”. Si rappresenta, tuttavia, l’opportunità di offrire i servizi e le misure di politica attiva del lavoro prioritariamente ai soggetti disoccupati, al fine di garantire servizi più rapidi ed efficaci ai soggetti che ne hanno più bisogno, anche in ragione del rispetto delle tempistiche dettate dal decreto legislativo n. 150/2015 (artt. 2 e 20).”

 

Quindi lo scopo principale dei servizi per il lavoro non è collocare i lavoratori traendone profitto ma assistere i lavoratori, sia occupati che non occupati, nella ricerca di un’occupazione adeguata alle proprie inclinazioni e aspirazioni e devono farlo per tutta la durata della vita lavorativa. Si parla di orientamento permanente (lifelong guidance).

 

Convenzione ILO n.181/1997 sulle agenzie per l’impiego private,

pubblicata in Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 2 febbraio 2000

 

Articolo 1

1. Ai fini della presente convenzione, l’espressione «agenzia d’impiego privata» indica ogni persona fisica o morale, indipendente dalle autorità pubbliche, che fornisce uno o più dei seguenti servizi relativi al mercato del lavoro:

a)       servizi volti ad abbinare le offerte e le domande d’impiego senza tuttavia che l’agenzia d’impiego privata divenga parte delle relazioni di lavoro che potrebbero derivarne;

b)      servizi consistenti nell’assumere lavoratori allo scopo di metterli a disposizione di una terza persona fisica o morale (di seguito designata «impresa utilizzatrice») che stabilisce i loro compiti e ne sorveglia l’esecuzione;

c)       altri servizi relativi alla ricerca di lavoro, determinati dall’autorità competente previa consultazione delle organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori più rappresentative, come ad esempio la fornitura d’informazioni, senza tuttavia che ciò implichi l’abbinamento di un’offerta e di una domanda specifiche.

2. Ai fini della presente convenzione, il termine «lavoratori» include i richiedenti di lavoro.

3. Ai fini della presente convenzione, l’espressione «elaborazione di dati personali relativi ai lavoratori» indica la raccolta, lo stoccaggio, la combinazione e la comunicazione di dati personali, o ogni altro uso che potrebbe essere fatto di qualsiasi informazione relativa ad un lavoratore identificato o identificabile.

 

[…]

 

Il comma 1 dell’articolo 7:

1. Le agenzie per l’impiego private non devono far pagare ai lavoratori, direttamente o indirettamente, spese o altri costi.

Il comma 1 dell’articolo 11 del D.Lgs. 276/2003, attuativo della cosiddetta Legge Biagi dispone perentoriamente la gratuità dei servizi per i lavoratori.

D.Lgs. 276/2003, attuativo della cosiddetta Legge Biagi art. 11 comma 1

È fatto divieto ai soggetti autorizzati o accreditati di esigere o comunque di percepire, direttamente o indirettamente, compensi dal lavoratore.


È il caso di citare, infine, la Carta dei Diritti dell’Unione Europea:

Carta dei Diritti dell’Unione Europea

Articolo 15

Libertà professionale e diritto di lavorare

1.       Ogni persona ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.

2.       Ogni cittadino dell’Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro.

3.       I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione.

Articolo 29

Diritto di accesso ai servizi di collocamento

Ogni persona ha il diritto di accedere a un servizio di collocamento gratuito.

 

E ancora: i servizi per il lavoro, pubblici e privati, devono sostenere l’esercizio di questi diritti.

Visto che gli altri paesi impiegano nei servizi pubblici un personale notevolmente più numeroso di quello impiegato in Italia, ed escludendo che siano appassionati di sperperi, si pone il problema di adeguare i servizi italiani al problema, e alla strategia europea per l’occupazione. Questa strategia europea per l’occupazione, si propone, tra l’altro, la convergenza della dimensione economica e sociale delle politiche del lavoro, coniugando inclusione lavorativa e sociale, contrasto alla povertà, prevenzione e contrasto della disoccupazione di lunga durata, prevenzione e contrasto della disoccupazione giovanile.

L’Italia si presenta a queste sfide, recepite in buona parte con alcuni provvedimenti legislativi tra i quali il D.Lgs 150/2015, uno degli attuativi del Jobs Act, sulle politiche attive del lavoro e la legge delega sul contrasto alla povertà.

Il D.Lgs. 150 all’art. 18 presenta un elenco dei servizi che devono essere offerti prioritariamente dai servizi pubblici per l’impiego:

Dall’art.18 del D.Lgs. 150/2015,

 

a)    orientamento di base, analisi delle competenze in relazionealla situazione del mercato del lavoro locale e profilazione;

b)    ausilio alla ricerca di una occupazione, anche mediante sessioni di gruppo, entro tre mesi dalla registrazione;

c)    orientamento specialistico e individualizzato, mediante bilancio delle competenze ed analisi degli eventuali fabbisogni in termini di formazione, esperienze di lavoro o altre misure di politica attiva del lavoro, con riferimento all'adeguatezza del profilo alla domanda di lavoro espressa a livello territoriale, nazionale ed europea;

d)    orientamento individualizzato all'autoimpiego e tutoraggio per le fasi successive all'avvio dell'impresa;

e)    avviamento ad attività di formazione ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell'autoimpiego e dell'immediato inserimento lavorativo;

f)     accompagnamento al lavoro, anche attraverso l'utilizzo dell'assegno individuale di ricollocazione;

g)    promozione di esperienze lavorative ai fini di un incremento delle competenze, anche mediante lo strumento del tirocinio;

h)    gestione, anche in forma indiretta, di incentivi all’attività di lavoro autonomo;

i)      gestione di incentivi alla mobilità territoriale;

l)      gestione di strumenti finalizzati alla conciliazione dei tempi di lavoro con gli obblighi di cura nei confronti di minori o di soggetti non autosufficienti;

m)  promozione di prestazioni di lavoro socialmente utile, ai sensi dell'articolo 26 del presente decreto.

 

È del tutto evidente che i Centri per l’Impiego non possono essere attualmente pronti a fornire questi servizi a tutta la platea dei lavoratori aventi diritto, come definita precedentemente, sia per il numero di addetti, evidentemente insufficiente, sia per qualifiche e competenze di almeno buona parte degli operatori.

Si intende attuare un massiccio piano di assunzioni nei servizi pubblici di personale qualificato? O magari si pensa di ricorrere a strategie alternative come la fata madrina per trasformare istantaneamente le risorse umane attualmente disponibili e le loro energie?

Oppure, meglio, si può pensare di stabilizzare un modello che adotti una forma di sussidiarietà orizzontale per la fornitura degli stessi servizi? Sussidiarietà che d’altra parte è prevista, in via temporanea, dal già citato art. 18 del D.Lgs. 150/2015, nella quasi totalità delle convenzioni Regioni-Ministero e in Sicilia addirittura in una legge regionale, finora rimasta senza attuazione:

Regione Siciliana, LR n.8/2016

 

Art. 12.

Riforma dei servizi per il lavoro e delle politiche attive.

Riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e

dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione

delle esigenze di cura, di vita e di lavoro

1. La Regione recepisce i principi di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183 ed attua nel territorio regionale i decreti legislativi attuativi della medesima legge.

2. L’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro è autorizzato a sottoscrivere le convenzioni ed i protocolli di intesa previsti dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, e dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150. Con successivi decreti, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione, è data applicazione, anche relativamente alle strutture e al personale, alle predette convenzioni.

3. Al comma 2 dell’articolo 63 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, dopo le parole “all’articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22” sono aggiunte le parole “e successive modifiche ed integrazioni”.

Art. 13.

Organizzazione dei servizi per il lavoro

1. In attuazione del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, al fine di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in materia di servizi e politiche attive del lavoro, al fine di garantire il potenziamento della funzionalità dei centri per l’impiego, previsto quale condizionalità ex ante del PO FSE 2014-2020, ed in particolare per l’implementazione dei servizi specialistici nonché il potenziamento dei servizi formativi (orientamento di base e specialistico, progettazione, percorsi formativi individualizzati, tutorship nell’attività di tirocinio, sportelli inclusione sociale, conciliazione e pari opportunità, sportello migranti, certificazione delle competenze, monitoraggio e valutazione), l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro si avvale degli organismi in house providing della Regione e degli enti accreditati come Agenzie per il lavoro ai sensi della normativa vigente.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro, è istituito l’elenco unico ad esaurimento dei lavoratori provenienti dai servizi formativi di cui all’articolo 12 della legge regionale 26 novembre 2000, n. 24 e successive modifiche ed integrazioni.

3. Gli enti e gli organismi di cui al comma 1, per la realizzazione delle attività affidate dal dipartimento regionale del lavoro, dell’impiego, dell’orientamento, dei servizi e delle attività formative, si avvalgono prioritariamente dei lavoratori di cui al comma 2.

 

 

Senza infingimenti, l’Italia è rimasta spaventosamente indietro nell’adeguamento dei servizi per il lavoro pubblici (PES – Public Employment Services), e pensare di recuperare in questa direzione appare velleitario. Né è pensabile che il ruolo dei privati possa essere relegato a misure di dubbia utilità sociale quale l’assegno di ricollocazione, che a noi appare più che altro come un tema per deviare l’attenzione dall’inesistenza, almeno al momento, di un modello plausibile di servizi che possa essere all’altezza quanto meno degli altri paesi europei.

Un riscontro è dato da questo diagramma, contenuto nel Joint Employment Report 2017 della Commissione Europea:

In Italia alta percentuale di persona in cerca di lavoro che si trovano prive di occupazione da lungo tempo, e la più bassa percentuale, insieme alla Spagna, di persone che ricorrono ai servizi pubblici per l’impiego. Ci sarà pure un motivo.

L’argomento è stato pure toccato nel convegno “Creare Lavoro” a Catania il 2 dicembre 2016, e alcuni contenuti del quale si possono trovare nell’articolo “La UE, il Jobs Act, i servizi per il lavoro, le politiche attive”, su questo stesso blog di Itinerari per il Lavoro.

Se consideriamo acquisito che i servizi pubblici per l’impiego italiani non sono confrontabili con quelli degli altri paesi, possiamo vedere nella giusta ottica i risultati di ricerche internazionali come quella condotta da Gesine Stephan, “Public or private job placement services—Are private ones more effective?” per IZA World of Labor.  Queste le conclusioni:

Gesine Stephan, “Public or private job placement services—Are private ones more effective?”, IZA World of Labor

 

L’esternalizzazione servizi di collocamento [affidamento ai privati] potrebbe ridurre i costi e fornire un buffer di capacità di servizio in tempi di crescente disoccupazione. Tuttavia, l'agenzia statale responsabile deve assicurare un adeguato equilibrio tra i servizi e la qualità, e deve monitorare attentamente e valutare i risultati dei provider [fornitori di servizi] privati. L’evidenza rileva che le agenzie di lavoro pubbliche erano riuscite a collocare i disoccupati almeno tanto quanto i provider privati. L'esperienza dimostra che alti contributi basati sulle prestazioni per inserimenti lavorativi riusciti aumentano le prestazioni del provider privato sia nel breve e lungo termine, mentre alti contributi anticipati diminuiscono la probabilità di reimpiego per alcuni sottogruppi di lavoratori.

 

Quindi, se parliamo di servizi di collocamento in senso stretto funziona il finanziamento a risultato. Ma per i servizi per le politiche attive? Per le azioni di orientamento permanente? Nei territori in cui l’incrocio domanda-offerta è faticoso per il semplice motivo che l’offerta è abbondante e la domanda scarsa?

Sembrano domande retoriche ma non lo sono. Il modello dei servizi da implementare deriva anche dalle risposte date a domande di questo tipo. E in Italia? In Sicilia?

I servizi per il supporto all’occupabilità, quelli retribuiti, secondo lo stesso D.Lgs. 150/2015, “sulla base dei costi standard definiti dall'ANPAL e garantendo in ogni caso all'utente facolta' di scelta” non rientrano strettamente nella categoria “servizi di collocamento” (anche se il termine viene usato spesso, ma non in questo caso, in senso lato), per la quale alcuni dei provider del sistema hanno una vocazione specifica. La varietà dei nodi della rete dei servizi per le politiche del lavoro è una ricchezza da valorizzare.

Ripartiamo da alcuni dati sul personale dei CPI in Italia.

La Sicilia sembra a posto. Ma lo è? Che tipo di personale popola i CPI dell’isola? È comunque numericamente sufficiente?

Fino al 30 settembre 2013 i servizi pubblici di orientamento (e per le politiche attive in genere) in Sicilia sono stati garantiti (ma pensa) da un partenariato pubblico-privato, nato come progetto negli anni ’90 e realizzato nel 2000. Nel frattempo, nel 2011, è stato immesso, stabilizzandolo, nei CPI qualche centinaio di precari categoria A (operatore) e B (collaboratore amministrativo), essendo a metà degli anni 2000 naufragata la conclusione del progetto sportelli multifunzionali che doveva portare questi ultimi a diventare strutture pubbliche di presidio delle politiche attive del lavoro nei territori alle dipendenze dell’Agenzia Regionale per l’Impiego.

Da anno e mezzo circa, inoltre, stanno andando in pensione decine di impiegati dei livelli più alti, di categoria C (istruttore direttivo) e D (funzionario direttivo), per l’applicazione ai dipendenti regionali di criteri pre-Fornero. In ogni caso, anche con i numeri riportati, pure la Sicilia, indipendentemente dalle competenze del personale dei CPI, non ha servizi pubblici sufficienti a coprire i bisogni, e comunque resta in vigore la citata LR n.8/2016 che (re)introduce la sussidiarietà orizzontale.

Tra l’altro è da citare un articolo di MeridioNews (http://catania.meridionews.it/articolo/49890/acireale-da-mezzanotte-allalba-al-centro-per-limpiego-il-dirigente-caos-nessun-margine-di-miglioramento/) che, pure con qualche imprecisione, rappresenta con sufficiente fedeltà lo stato e l’approccio dei Centri per l’Impiego in Sicilia.

MeridioNews 17 dicembre 2016

Carmelo Lombardo

Acireale, da mezzanotte all'alba al centro per l'impiego

Il dirigente: «Caos? Nessun margine di miglioramento»

 

[…]

 

La giornata al centro per l'impiego di Acireale inizia dalle prime ore della notte. Tutti accorrono ad iscriversi in un elenco messo lì dal primo arrivato. Già a partire dalla mezzanotte ci sono persone che mangiano o pernottano nei pressi dell’edificio per potersi mettere in lista e rientrare nei primi ottanta le cui pratiche potranno essere seguite dal personale impiegato. Altrimenti bisogna tornare il giorno successivo e ricominciare da capo con una nuova lista. Qualcuna delega il marito, qualche altro l’amico, c’è chi non dorme da una notte intera e con cautela sorveglia il foglio, nel caso in cui qualcuno provasse a sostituirlo con un foglio nuovo. Alle 6.30 davanti ai cancelli ancora chiusi si forma una calca di gente. La lista è difesa gelosamente da chi ha trascorso la nottata e conta ben 108 iscritti. Le persone in esubero sperano che qualcuno desista così da entrare negli uffici per scorrimento.

 

[…]

 

Nel frattempo è nato anche il gruppo Facebook Disoccupati disperati del centro per l’impiego di Acireale, dove molti utenti cercano di confrontarsi e affrontare la scomoda situazione con un filo d’ironia. «Una volta al mese ci vediamo tutti lì, abbiamo stretto amicizia tra di noi, si è formato un sodalizio – spiega la fondatrice del gruppo – cerchiamo di darci consigli e ridere un po’ di tutto questo che ne ha del paradossale. Ho litigato anche con il dirigente per le condizioni in cui versano i locali».

 

[…]

 

 

Emerge in qualche modo il paradigma sotteso all’azione dei CPI: cliente-utente = ”pratica”. Il sostegno ai disoccupati (non solo ai percettori di indennità) consiste prevalentemente nella verifica dell’accesso a siti web di offerte di lavoro o dell’invio di curriculum per email, e nella conseguente “timbratura” della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, così da riprodurre artificiosamente le rassicuranti (per la burocrazia) procedure precedenti al 2003, in una malintesa interpretazione del principio di condizionalità nella quale gli obblighi stanno da una parte sola. A chi e a cosa serve questo sistema? Certo che probabilmente nelle condizioni date era difficile immaginare altro. Emerge comunque la chiara esigenza di una visione politica dei servizi che guidi alla costruzione e implementazione di un impianto tecnico che abbia un senso nel contesto descritto in precedenza. Scrivere norme e disposizioni di vari livelli semplicemente per ottemperare ad un obbligo senza una meta coordinata non può che accentuare il degrado sociale, economico, istituzionale dei territori in cui queste distorsioni minimaliste hanno luogo.

In Sicilia, da settembre 2013 gli operatori delle politiche attive del lavoro che avevano gestito per 13 anni i servizi pubblici di orientamento (in modo certamente migliorabile, ma non erano gli operatori a gestire la governance) sono stati inseriti solo in due brevi progetti di faticosissima attuazione e sostenibilità. Un gruppo di operatori ha provato a passare da problema a parte della soluzione. Dopo aver condotto per oltre un anno una continua interlocuzione con livelli politici, tecnici e burocratici, ha costituito l’associazione Itinerari per il Lavoro con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di servizi per il lavoro e interventi nell’ambito delle politiche attive del lavoro efficaci anche nell’interesse degli associati.

L’associazione Itinerari per il Lavoro ha sempre sostenuto la necessità di trovar e una soluzione occupazionale per tutti i circa 1.700 operatori rimasti di fatto senza lavoro, pur nella consapevolezza della difficoltà di individuazione di un’unica soluzione. In quale altro contesto in Italia si ignorerebbe la sorte di 1.700 lavoratori per anni?

Si sono messe in campo, in particolare, alcune idee e proposte, a partire dalla sussidiarietà orizzontale poi inserita nella citata legge regionale, che avrebbe consentito sicuramente un’offerta di servizi più adeguata ai bisogni; la trasformazione di un organismo in house della Regione Siciliana in agenzia tecnica intermedia per lo sviluppo di analisi e l’attuazione di azioni di sistema nel territorio; il progetto di autoimpiego degli operatori che fossero disponibili a farlo attraverso la costituzione di una rete di APL no profit di cui richiedere l’inserimento nell’albo nazionale delle agenzie per il lavoro e quindi l’accreditamento per i Servizi per il Lavoro della Regione Siciliana.

Le norme per l’accreditamento dei Servizi per il Lavoro della Regione Siciliana risalgono al marzo 2015, anche in ritardo rispetto ad altre Regioni. Già prima dell’emanazione, sulla base di bozze circolanti, Itinerari per il Lavoro (o meglio gli operatori che l’avrebbero costituita) ha provato a richiedere la modifica di alcuni punti di difficile applicabilità, la rettifica di alcune incoerenze e l’introduzione di una visione più adeguata ad un sistema con qualche chance di efficacia e sostenibilità. Allo scopo sono stati presentati a diversi decisori proposte formalizzate e cantierabili, schede di sintesi della ratio delle modifiche e rettifiche proposte, motivazioni e riferimenti ad altri territori. Nonostante i calorosi complimenti e apprezzamenti, anche per l’innovatività del modello reticolare no profit applicato al servizio, nonché le rassicurazioni a vari livelli guadagnati soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, nel regolamento di accreditamento non è cambiata una virgola.

Per procedere alla costituzione delle agenzie era necessario eliminare dal regolamento l’esigenza dell’esistenza da almeno un anno e la “documentata esperienza” di almeno un anno nell’erogazione di tutti i servizi per cui si richiedeva l’accreditamento. Requisiti presenti solo nel sistema di accreditamento della Regione Lazio. Per inciso, rispetto alla delibera di giunta che l’ha approvato, nel regolamento pubblicato manca l’elencazione dei servizi da offrire per essere accreditati, e quindi bisogna fare riferimento alla stessa delibera. Abbiamo visto che i servizi devono essere offerti gratuitamente ai lavoratori, e per i servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro o all’autoimpiego non c’è impresa che possa pagare il servizio. Come si fa ad aver offerto quei servizi per un anno se non a spese proprie? Inoltre, nei territori del Sud Italia, è noto che poche imprese sono disposte a pagare un servizio di intermediazione.

Giusto per citare un'altra richiesta, bisogna avere il servizio in funzione per 20 ore settimanali, sempre a spese proprie. Questo e altro sembra mutuato dalle regole per l’accreditamento dei servizi per Garanzia Giovani, che in alcune regioni hanno preceduto l’accreditamento dei servizi per il lavoro in genere, a programma avviato e quindi con la concreta possibilità di avere entrate immediatamente. Non è questa la situazione dei servizi per il lavoro accreditati in Sicilia al momento: non c’è alcun programma o piano attivo al momento che consenta entrate economiche.

Si è comunque proceduto alla costituzione delle agenzie no profit, attualmente 5 in 5 diverse province, confidando nella modifica delle regole (come era stato autorevolmente assicurato) o nell’applicazione del comma che esonera le APL iscritte all’albo nazionale dal dimostrare il possesso dei requisiti.

A inizio 2017 è stato avviato l’audit per l’accreditamento dei servizi. Il risultato è stato la sospensione dell’accreditamento di diversi soggetti eccellenti, come è possibile riscontrare in uno degli allegati a questo articolo. Perché? Non conosciamo le ragioni specifiche, ma siamo al corrente di un atteggiamento collaborativo da parte degli Ispettorati Territoriali del Lavoro, che di fatto cercano di aiutare il soggetto ad ottemperare alle disposizioni. Se nonostante questo si arriva alla sospensione in numerosi casi, evidentemente il problema è di sistema e non soggettivo.

Dallo staff apicale di un’altra Regione ci è stato chiesto: “Ma la documentazione che hanno chiesto all’audit non è uguale a quella richiesta al momento di presentazione dell’istanza?” Domanda illuminante: no, affatto. Il dettaglio di molti requisiti e la conseguente documentazione richiesta sono nate con l’audit. Quindi i numerosi soggetti che hanno deciso di aprire sedi in Sicilia, avviare nuove attività, ecc., non hanno potuto valutare consapevolmente le eventuali difficoltà da affrontare e la sostenibilità dell’iniziativa. I requisiti imposti per i locali, con l’audit e non nel regolamento, sono identici a quelli imposti ai centri di formazione professionale. Poteva una multinazionale della somministrazione di lavoro immaginare che può operare con i suoi uffici standard fino a Reggio Calabria e in Sicilia invece doveva trasformarli in centri di formazione professionale? Può un sistema economico contemplare al suo interno su una gestione politico-burocratica di questo tipo? Non è anche con criteri di questo genere che si uccide una Regione? E nel dire questo non mettiamo nemmeno in discussione la buonafede dei decisori. Sono gli effetti che sono distruttivi, e non potevano non essere previsti.

Come ultimo elemento, mentre in Parlamento è vicina all’approvazione definitiva la legge sul lavoro agile e sul lavoro autonomo non imprenditoriale, l’audit dell’accreditamento in Sicilia prevede che anche le APL no profit abbiano contratti di assunzione per le figure previste dal regolamento. Assunti senza avere entrate? Nel momento in cui il D.Lgs. 276/2003, attuativo della cosiddetta “Legge Biagi”, introdusse le varie tipologie di agenzie per il lavoro e il regime particolare di autorizzazione per le associazioni senza scopo di lucro, anche per queste era prevista l’assunzione del personale qualificato, ma anche il riconoscimento istituzionale nazionale. Successivamente la platea è stata allargata alle associazioni con riconoscimento regionale e quindi è stato eliminato il requisito del riconoscimento e con quello, nelle norme di modifica, non si è fatto più riferimento all’obbligo di assunzione per questi soggetti. D’altra parte la ratio è stata quella di creare le condizioni perché più soggetti fossero messi nelle condizioni di offrire i servizi legati all’intermediazione di lavoro.

Ovviamente gli operatori che hanno costituito le APL no profit sarebbero ben felici di potersi “autoassumere”, a fronte di un’attività gestita con criteri di economicità, e quindi di sostenibilità, anche alla luce delle scarsissime risorse personali residue, prosciugate da una gestione più inesistente che approssimativa della situazione occupazionale da parte dei vertici regionali. Ma così non è. Inoltre, nelle agenzie costituite sono stati inseriti come soci anche alcuni professionisti che costituiscono un valore aggiunto, che sono disposti ad operare anche in parte gratuitamente, ma che certo non pensano ad un’assunzione pur contribuendo in maniera continua e di qualità all’organizzazione. Per garantire l’”effettiva presenza” delle figure non basta un contratto di collaborazione professionale aperto, magari registrato? Per l’esperienza necessaria non basta quella dei soci e collaboratori? Si può totalmente ignorare l’esigenza di agevolare il reimpiego di questi operatori che pure stanno provando a cavarsela senza ricorrere ad assistenzialismo e clientele?

Allegati:

  sicilia_-_accreditamento_accorpato.pdf

  sicilia_-_delibera_080_15_allegato_c.pdf

  sicilia_-_audit_accreditamento.pdf

  sicilia_-_accreditati_spl_al_31-03-2017.pdf

  elenco_soggetti_accreditati_apl_al_14-04-2017.pdf

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